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Juliet Anno 33 Numero 165 dicembre 2013-gennaio 2014



Carlo Fontana

Giulia Bortoluzzi

Occhio Mediterraneo Fanciullo



Art magazine


SOMMARIO N. 165

Copertina

Imran Qureshi (Pakistan) is the Deutsche Bank’s “Artist of the Year” for 2013, ph courtesy
Deutsche Bank. More information can be found in the online magazine db-artmag.com

REPORTAGE
42 | L’Arte dei Paesi Emergenti. India - Africa / Luciano Marucci

INTERVISTA
46 | Jannis Kounellis. La persistenza della radicalità / Luciano Marucci
62 | Fondazione Peccioliper. Andrea Petresi / Francesca Agostinelli
68 | Mimmo Paladino. VarieAzioni pittoriche / Luciano Marucci
70 | Sergio Racanati. Strade ibride / Maria Vinella
72 | Bianco - Valente. “A cielo aperto” / Giovanni Viceconte
73 | Luka Širok. Arte in evoluzione / Gianfranco Paliaga
83 | Exploring the in-Between. Charles R. Garoian / Leda Cempellin

FOCUS
48 | A proposito del Cavaliere Giallo / Pina Inferrera
50 | Valerie Krause. Configurazioni improvvise,
tra riduzione e movimento / Stefania Facco
52 | Andrea Loefke. A paradoxical world in miniature / Matthias Harder
56 | Triestèfotografia. A geometria variabile / Alessio Curto
60 | Jan Fabre. And the beauty / Giulia Bortoluzzi
64 | Carlo Fontana. Occhio Mediterraneo Fanciullo / Giulia Bortoluzzi
67 | Vittoria Chierici. Sailing away to paint the sea / Emanuela Zanon
74 | Turi Rapisarda. “Corpi speciali” / Fabio Fabris
76 | Graziella Menozzi. “I Resti” / Elisabetta Bacci
77 | Marcello Diotallevi / Lorenzo Amaduzzi

INCHIESTA-dibattito
54 | L’Arte della Sopravvivenza. Indagine sull’impegno etico-civile / Luciano Marucci

SAGGIO
58 | “Narcisismo e Arte” / Carmelita Brunetti

RECENSIONE
66 | Da Matrice con Varianti. Segni ed esistenza / Emanuele Magri
69 | Annamaria Gelmi. La croce e il recinto / Pierangelo Schiera
75 | Giovanni Moscatelli. Corpo e materia / Liviano Papa
80 | Giancarlo Fantini. Pittura e paesaggio / Liviano Papa
RUBRICA
78 | Keywords. Metafore e creatività / Antonella Varesano
80 | Mariano Mazzelli / Serenella Dorigo
81 | P. P.* Angelo Castucci / Angelo Bianco
82 | Ho del Museo IV / Angelo Bianco
84 | Mariano Mazzelli / Serenella Dorigo

FOTORITRATTO
71 | Paola Latini / Fabio Rinaldi
85 | Aldo Damioli / Luca Carrà

PRESENTAZIONE
79 | Giovanni Manunta Pastorello. Shout! / Nikla Cingolani

SPRAY
86 | Recensione mostre / AAVV
95 | “I’m real artist” / Pino Boresta
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n. 168 giugno-luglio 2014


Case 60 x 50, 2010
pittura alchidica su tela , courtesy Totem-Il Canale, Venezia

Case con barche 80 x 60, 2011
pittura alchidica su tela , courtesy Totem-Il Canale, Venezia

Stella viola 80 x 60, 2011
pittura alchidica su tela , courtesy Totem-Il Canale, Venezia

Fontana è indubbiamente un pittore mediterraneo, un pittore del sole e della luce. Un mago delle forme e dei colori: due elementi così presenti nell’esperienza di ciascuno di noi, da apparire talvolta scontati. Ma come spesso accade, le cose che ci stanno più vicine, le cose più semplici, sono le più complesse da osservare, da maneggiare e da cogliere nella loro verità. È così che il maestro Fontana riempie le sue tele di una forza cromatica che contrasta inevitabilmente il grigiore quotidiano che ci attanaglia. In un mondo dove il colore è diventato accecante e dove l’oscurità fa da padrone le tele di Fontana irrompono come un grido che richiede attenzione, risuonando di un’eco lontana. L’eco di una voce rilassata, che si sa far attraversare dal tempo che passa, che filtra il mondo con una luce vivida, presente e salda ma anche capace di perdersi negli abissi del giorno, tra le cose e nel mondo, per poi riapparire più forte da una nuova angolatura. Le prospettive che si creano sono molteplici ma sempre da scoprire, da scegliere. La tela offre i canali visivi, poi chi ci si confronta si posiziona in uno di questi e osserva. Gioca. Inventa. Ho voluto immergermi nell’opera di Carlo Fontana seguendo tre fili rossi, tra i numerosi che la tessono. Questi sono: l’occhio, il mediterraneo e il fanciullo.

OCCHIO. Proust ne Il tempo ritrovato scrive: “Lo stile è questione di visione. È la rivelazione della differenza qualitativa che esiste nel modo con cui ci appare il mondo, differenza che se non ci fosse l’arte resterebbe l’eterno segreto di ognuno. Soltanto grazie all’arte ci è dato uscire da noi stessi, sapere ciò che un altro vede di un universo che non è il nostro stesso, e i cui paesaggi ci rimarrebbero ignoti come quelli che possono trovarsi nella luna. Grazie all’arte, anziché vedere un solo mondo, il nostro, noi lo vediamo moltiplicarsi, e quanti più sono gli artisti originali, tanti più sono i mondi a nostra disposizione, diversi gli uni dagli altri più ancora dei mondi roteanti nell’infinito”.
Non ci può essere visione senza occhio e arte senza visione. L’occhio è il filtro che dà accesso al mondo, è lo strumento che l’artista utilizza per entrare nella realtà e per trarne la propria personale esperienza. Attraverso il suo singolare occhio Carlo Fontana penetra il mondo, segna il suo passaggio sulla tela e crea magistralmente quella differenza che senza di lui non avremmo mai potuto apprezzare. Nelle opere di Fontana l’occhio fa da padrone. Osservando il mondo da un piano distinto ne traccia le mille direzioni e prospettive. La tela si suddivide infatti in molteplici piani diversi, equipollenti tra loro ma altresì definiti. Le figure geometriche si appropriano dello spazio tracciandone i confini, indirizzandone luce e colore. L’occhio scruta la realtà circostante seguendo direzioni precise, egli sa dove guardare e cosa. Seppur frammentata questa realtà è netta e visibile. Però quest’occhio resta sempre un po’ distaccato e differente da ciò che osserva. È un occhio che separato scruta da lontano, a distanza, un mondo che ama, che conosce e che attraversa quotidianamente. Ecco perché le case sono sempre viste dall’esterno o al massimo se vi si entra vi si scorgono solo oggetti, vasi, caffettiere e mai intimità. L’occhio si esime dal giudicare, dall’entrare nel mistero dell’essenza perché essenza non ve n’è se non nella contingenza delle cose. Gli alberi, muti ma ben saldi, svettano nella città tra le case, ma sono visti da mille angoli diversi. Si prenda per esempio “Tre case in un cerchio”. L’occhio qui penetra la realtà attraverso rombi, quadrati, rettangoli ma soprattutto grazie al cerchio che racchiude le tre case, l’albero e il tavolino. Lo spazio è solcato dai mille piani che l’occhio del pittore incide con la sua visione, lasciando poi allo sguardo dello spettatore la libertà di scegliere dove situarsi. Oltre a esserci mille piani diversi vi sono anche mille occhi diversi che si situano su questi. Vi è l’occhio del pittore – che a sua volta è infiniti occhi differenti – e vi sono innumerevoli occhi di chi osservando raddoppia la visione.
Eccoli i mondi roteanti all’infinito di Fontana.

MEDITERRANEO. “Il mediterraneo che ci circonda è un paese che vive, pieno di giochi e di sorrisi. È quell’odore o quel profumo che è superfluo definire: lo sentiamo tutti con la nostra pelle. È un miracolo del mediterraneo permettere a uomini che pensano umanamente di vivere senza oppressione in un paese dalla legge inumana. Non il gusto del ragionamento e dell’astrazione rivendichiamo nel mediterraneo, ma la sua vita – i cortili, i cipressi, le corone di peperoncino – gli Apolli dorici e non le copie del Vaticano. Vogliamo ricongiungere la cultura alla vita. Il mediterraneo che ci circonda di sorrisi, di sole e di mare, ce lo insegna”. Queste frasi tratte dai Saggi solari di Albert Camus si avvicinano senza dubbio alle atmosfere evocate dalle opere di Fontana. Il mediterraneo risiede sicuramente nella Napoli tanto amata dal pittore, ma non solo, esso si estende al di là dei confini geografici come sintesi di una cultura della luce. Ambienti caldi, ambienti soleggiati, ambienti colorati. Sono queste le tonalità che definiscono i giochi di luce di Fontana. Sono questi i connotati di un mediterraneo che, partendo da Trieste e passando per Napoli, unisce un mare di città e popoli che hanno ancora voglia d’incantarsi. Le opere di Fontana rimandano infatti a pomeriggi assolati trascorsi a giocare col pallone giù in strada o a riposo su una panchina affacciata sul mare. Sono scenari silenziosi e fissi nella loro identità, scanditi da un definito scorrere del tempo, sono frammenti di un mondo desiderato, presente ma allo stesso tempo distante. “Foglie al vento a Barcola”, per esempio, è una cartolina romantica di fine settembre. Le foglie timidamente volteggiano nell’aria e colorandosi d’autunno si dirigono verso il mare e sembrano quasi seguire le barche che lo solcano con decisione verso nuove rive. Il freddo s’avvicina ma il sole è ancora forte. Il mondo riposa e lo sguardo vigile di Fontana è sempre pronto, lassù, a registrare sulla tela il passare della luce come il passare del tempo e delle stagioni.
Lo spirito mediterraneo è riassunto con semplicità figurativa ma precisione tecnica nelle tele di chi, legato da sempre a città di mare, segue con lo sguardo l’orizzonte lontano. Incontri di colori e di prospettive si fondono tra loro, riflessi di quella cultura mediterranea della quale facciamo parte e che Fontana ci racconta.

FANCIULLO. “Ho già detto che sugli alberi noi trascorrevamo ore e ore, e non per motivi utilitari come fanno tanti ragazzi, che ci salgono solo per cercare frutta o nidi d’uccelli, ma per il piacere di superare difficili bugne del tronco e inforcature, e arrivare più in alto che si poteva, e trovare bei posti dove fermarci a guardare il mondo laggiù […] Cosimo salì fino alla forcella d’un grosso ramo dove poteva stare comodo, e si sedette lì, a gambe penzoloni, a braccia incrociate con le mani sotto le ascelle, la testa insaccata nelle spalle, il tricorno calcato sulla fronte. – Io non scenderò più! – e mantenne la parola”. Come avrete già capito queste frasi sono tratte da Il barone rampante di Italo Calvino. Ecco, Fontana me lo immagino un po’ come Cosimo, come un eterno ragazzo, come uno spirito giovane, sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo. Lo immagino spingersi d’albero in albero sopra la città per scovare nuovi paesaggi e scorci imprevisti. Il suo è lo sguardo del fanciullo che attraverso il filtro dei propri occhi curiosi viene catturato dal mondo e dalla sua semplicità, è lo sguardo di chi con tratto gentile ma preciso traccia i contorni degli oggetti che ogni giorno osserva dall’alto. Tra un tetto e l’altro Fontana sta accovacciato su un albero intento a scrutare e a farsi rapire dalla realtà che lo circonda, senza esserne scoperto. Nascosto dalla fronde degli alberi dipinge le città con eleganza e maestria ma anche con lo spirito di chi giovane si astiene dal giudicare ciò che osserva per goderne apertamente. Fontana sembra infatti abbracciare uno stile di vita che rifiuta il grigiore dell’esistenza, rifugiandosi in un mondo dove il colore ha ancora il sopravvento. La sua è una realtà allegra e giocosa, che rimanda a una dimensione priva di complessità e bruttura. La presenza viva del colore sulla tela rimanda infatti a una dimensione spensierata di gioco, di libertà e d’irresponsabilità. Una sorta di spirito dionisiaco felice, che in un tormento di gioia esplode in universi di leggerezza e gaudio. Ma è anche uno spirito di memoria, sia personale che artistica. È più di ogni altra cosa uno spirito in movimento, che ricerca e vuole vivere della luce e non solo delle sue ombre.

GIULIA BORTOLUZZIvoyeur. Si è laureata in filosofia all’università di Trieste con P.A.Rovatti. Vive tra Parigi e il Nord Est italiano. Ricerca la ricerca.