Deep Opacity. Qual'e' l'effettiva possibilita' delle immagini di farsi traccia o dispositivo con cui narrare l'attuale ri-definizione dell'identita' personale e collettiva? In mostra tre opere appartenenti a progetti precedenti assieme ad un'inedita serie di collages fotografici.
---english below
a cura di Lorenzo Bruni
Laveronica
arte
contemporanea
è orgogliosa di presentare, per la prima volta in Italia, il lavoro dell'artista Uriel Orlow. La mostra dal titolo “Deep
Opacity”, a cura di Lorenzo Bruni, si articola tra opere di anni differenti in dialogo con un inedito “work in progress” costituito da ricerche e collages di
fotografie realizzate dall'artista in un suo recente viaggio tra magazzini e archivi dei musei d’arte del Sud Africa. Questo particolare display narrativo è stato
scelto dall'artista per far emergere la domanda che il singolo soggetto dovrebbe porsi oggi nell'era del “villaggio globale” e della “comunicazione istantanea”:
Quale è l'effettiva possibilità delle immagini di farsi traccia o dispositivo con cui narrare l'attuale ri-definizione dell'identità personale e collettiva?
“Deep Opacity” è nata da uno stretto dialogo con il curatore della mostra Lorenzo Bruni, ed è costituita da tre opere appartenenti a progetti precedenti
assieme ad un’inedita serie di collages fotografici. I mezzi espressivi che caratterizzano i lavori esposti variano dall'installazione audio al video, dallo slide
show, al collage fotografico, da tele dipinte, all'esposizione di testi. Questa mostra non è una retrospettiva, ma uno sguardo sulle ampie ricerche artistiche
realizzate attorno ai punti ciechi della storia che si collegano con il presente: una serie di lavori si focalizzano sulle 14 navi cargo che si stanziarono per otto
anni sul Canale di Suez provocandone la chiusura, ciò nel 1967 a seguito della “guerra dei sei giorni”; mentre il lavoro audio Unmade Film: la voce fuoricampo
è una guida di kfar Shaul, un ospedale psichiatrico a Gerusalemme sito negli edifici del villaggio palestinese Deir Yassin, il quale fu spopolato in un massacro
perpetrato dai paramilitari sionisti nel 1948.
Questi fatti della storia recente europea, nello stile ormai consolidato in questi ultimi anni da Orlow, sono osservati come dall'interno per evidenziarne gli
effetti psicologici e fisici in quel particolare contesto sociale in cui accadono, con cui proporre così un'alternativa alla lettura astratta e globale fornita
solitamente dai “libri di storia” o dai “giornali di cronaca”, dai quali essi sono omessi. Infatti, il suo personale contributo alla riflessione attorno all'utilizzo di
archivi per ri-attivare il serbatoio della memoria collettiva risiede nel creare un “cortocircuito dialogico” tra i massimi sistemi e le esperienze specifiche, tra il
globale e il locale, tra la finzione narrativa e la realtà immaginata. La condizione di sospensione e di stallo che è fortemente percepibile nelle installazioni di
Orlow è creata per costringere lo spettatore ad assumere un ruolo attivo nella lettura delle micro e macro narrazioni che evoca e che rappresenta. Nella
mostra concepita per la Veronica lo spettatore si confronta con opere appartenenti a progetti differenti che aprono in maniera diretta una riflessione su quale
ruolo potrebbe avere l'arte all'interno della società da cui si alimenta e che nutre. Questa posizione radicale, che vede l’artista condividere con il pubblico la ri-
lettura metanarrativa del concetto di storia e delle sue stesse opere, si manifesta fin dall’inizio dal titolo del suo ultimo lavoro “Deep Opacity”, il quale fornisce
anche il titolo alla mostra. Questo progetto prende forma provvisoria di foto-collages combinate con immagini raccolte in Sud Africa nel suo recente viaggio.
Questo nuovo lavoro è volutamente presentato nel suo stato germinale come un work in progress proprio per evidenziare l'approccio “laboratoriale” della
mostra. In questo modo lo spettatore, ancora di più del solito, è costretto a riflettere sul concetto di “responsabilità etica dello sguardo” nell'era delle
informazioni immateriali e sul concetto di “appartenenza” e di “memoria collettiva”. Infatti, in questo caso, l'attitudine para archivistica dell'artista, che lo
porta solitamente a mettere in evidenza le pause e gli interstizi di senso all'interno dei fatti storici che prende in considerazione, è applicata al suo personale
processo creativo e a quello generale della narrazione della diffusione capillare dei “post” in rete e dei “visual message”. La necessità dell'artista è di andare
oltre la superficie dell’enorme mole di immagini diffuse, cosi da esplorare il mistero e l'evocazione al di là dell’ affermazione affermata è concretizzata senza
ombra di dubbio dall'immagine scelta per l'invito della mostra e che fa parte di una serie dal titolo “Porous Present”. Questo approccio è descritto in maniera
efficace anche dalle parole dell'artista: Come per Porous Present, si tratta di una grande serie di immagini di cartelloni pubblicitari, scattate in Armenia mentre
lavoravo su Remnants of the Future, nel 2010. Mi hanno colpito in diversi modi: incorniciano il nulla/il cielo/il paesaggio/loro stessi, ma sono anche il simbolo
di uno stato mediano, tra due sistemi, in cui l’infrastruttura per il capitalismo di mercato è eretta ma non ancora occupata – che ovviamente si ricollega allo
stato di limbo di “Remnants of the Future”. Le ho anche usate nella mia conferenza performance “Aide Mémoire”...
Uriel Orlow (Zurigo, 1973; vive e lavora a Londra) utilizza il video, la fotografia, il disegno e il suono per realizzare dei progetti multi-media nei quali
struttura le informazioni legate ai fatti della storia recente. Le sue installazioni danno forma concreta a micro narrazioni legate ai fatti del quotidiano che
spesso appaiono nei libri di storia e negli articoli di giornale. Il suo lavoro si basa sul far coesistere la pratica della ricerca di archivio con le immagini prodotte
da lui nei sopralluoghi compiuti in prima persona per realizzare un montaggio intuitivo, che lascia ampio spazio alla capacità dello spettatore di immaginare
in maniera empatica e per poter riflettere sul concetto di appartenenza, di passato e di prospettiva di futuro collettivo.
Tra le sue molte partecipazioni a mostre personali e collettive di livello internazionale sono da citare: Unmade Film, Centre Culturel
Suisse, Paris and Al Ma'mal, Jerusalem, 2013; Trip and Traveling, curated by Lorenzo Bruni, Klaipeda Cultural Center, Klaipeda, Lithuania, 2013; Awakening,
Aichi Triennale, 2013; Time is a place, curated by Felicity Lunn, Kunsthaus, / Centre PasquArt, Biel, 2012; The Deep of the Modern, curated by Cuauhtemoc
Medina & Katerina Gregos, Manifesta 9, Genk, 2012; Chewing the Scenery, curated by Andrea Thal, 54th Venice Biennale / Swiss Pavilion, 2011; Selected, UK
tour incl. CCA Glasgow, Brighton Festival and Whitechapel Gallery, London, 2011; Essays on Geopoetics, curated by José Roca, Alexia Tala, Paola Santoscoy
and Cauê Alves, 8th Mercosul Biennial, Porto Alegre, Brazil, 2011; Third Guangzhou Triennial, Guandong Museum of Art, Guangzhou, 2008.
---english
curated by Lorenzo Bruni
Laveronica
arte
contemporanea
is
proud
to
present
the
first
Italian
exhibition
of
works
by
the
artist
Uriel
Orlow.
The
exhibition,
entitled
“Deep
Opacity”
and
curated
by
Lorenzo
Bruni,
unfolds
through
recent
works
that
are
in
dialogue
with
new
“work
in
progress”
composed
of
photographic
collages
and
research
from
the
artist’s
recent
visit
to
the
storage
and
archives
of
South
African
art
museums.
This
particular
narrative
display
raises
important
questions
in
our
era
of
the
“global
village”
and
“instant
communication”:
Can
images
actually
serve
as
a
trace
or
device
with
which
to
narrate
today’s
redefinition
of
personal
and
collective
identity?
“Deep
Opacity”
conceived
in
close
dialogue
with
curator
Lorenzo
Bruni,
is
composed
of
three
existing
works
exhibited
alongside
a
new
series
of
photographic
collages.
The
expressive
media
characterizing
the
works
here
vary
from
audio
installation
to
video,
a
slide
show
to
photo-‐collage,
and
painted
canvases
to
the
display
of
texts.
It
is
by
no
means
a
retrospective
but
rather
a
glimpse
into
the
artist’s
broader
research
on
historical
blind
spots
that
connect
with
the
present:
one
series
of
works
focuses
on
the
14
cargo
ships
that
were
stranded
in
the
Suez
Canal
for
eight
years
as
a
result
of
its
closure
in
1967
following
the
Six-‐Day
War;
while
the
audio-‐work
Unmade
Film:
The
Voiceover
is
a
guided
tour
of
Kfar
Shaul,
a
mental
hospital
in
Jerusalem
that
occupies
the
buildings
of
the
Palestinian
village
Deir
Yassin,
which
was
depopulated
in
a
massacre
by
Zionist
paramilitaries
in
1948.
In
the
style
Orlow
has
now
consolidated,
these
events
in
recent
European
history
are
observed
as
if
from
the
inside
to
underscore
the
psychological
and
physical
effects
of
the
particular
social
context
in
which
they
occurred,
in
order
to
offer
an
alternative
to
the
abstract
and
global
interpretation
usually
found
in
history
books
from
which
they
are
omitted.
In
effect,
his
personal
contribution
to
reflection
on
the
use
of
archives
to
reactivate
the
reservoir
of
collective
memory
lies
in
creating
a
“dialogical
short
circuit”
between
world
systems
and
specific
experiences,
between
global
and
local,
between
narrative
fiction
and
imagined
reality.
Orlow
creates
the
condition
of
suspension
and
stalemate
that
can
powerfully
be
perceived
in
his
installations
as
a
way
of
forcing
the
spectator
to
take
an
active
role
in
interpreting
the
micro-‐
and
macro-‐narratives
he
evokes
and
represents.
In
the
exhibition
conceived
for
La
Veronica
the
spectator
is
faced
with
works
pertaining
to
different
projects,
in
order
to
open
up
a
direct
reflection
on
the
role
art
might
play
within
society
from
which
it
stems
and
that
nourishes
it
in
turn.
This
radical
position,
which
sees
the
artist
share
with
the
public
a
metanarrative
re-‐reading
of
the
concept
of
history
and
his
own
works,
is
manifested
from
the
outset
by
the
presence
of
Orlow’s
most
recent
work,
entitled
Deep
Opacity,
which
gives
the
exhibition
its
title.
This
project
takes
the
provisional
form
of
photo-‐collages
amalgamated
from
pictures
taken
during
the
artist’s
recent
trip
to
South
Africa;
this
new
work
is
intentionally
presented
in
its
germinal
state
and
as
a
work
in
progress,
to
underscore
the
“laboratory”
approach
of
the
exhibition.
As
a
result,
the
spectator
–
to
a
far
greater
extent
than
usual
–
is
forced
to
reflect
on
an
“ethics
of
the
gaze”
in
the
age
of
intangible
information
and
on
the
concept
of
“belonging”
and
“collective
memory”.
In
fact,
in
this
case
the
artist’s
quasi-‐archival
approach,
which
usually
leads
him
to
emphasize
the
pauses
and
interstices
of
meaning
within
the
historical
events
he
takes
into
consideration,
is
applied
to
his
personal
creative
process
and
the
general
narrative
process
found
in
the
pervasive
use
of
online
posts
and
visual
messages.
The
artist’s
need
to
delve
beneath
the
surface
of
mass
distributed
pictures
to
explore
mystery
and
evocation,
above
and
beyond
what
is
stated,
unquestionably
emerges
from
the
image
chosen
for
the
exhibition
invitation,
taken
from
the
series
entitled
“Porous
Present”.
The
artist
offers
this
about
his
approach:
“Porous
Present
is
a
large
series
of
images
of
empty
billboards
taken
in
Armenia
when
I
was
working
on
‘Remnants
of
the
Future’
in
2010.
They
struck
me
in
different
ways:
they
frame
at
once
nothing,
the
sky,
the
landscape
and
themselves
but
they
are
also
a
sign
of
an
in-‐between
state,
a
limbo
between
two
systems,
the
aftermath
of
Soviet
communism
and
the
arrival
of
market
capitalism
which
has
erected
its
infrastructure
but
not
yet
filled
it
with
advertising.”
Uriel
Orlow
(b.
Zurich,
1973;
lives
and
works
in
London)
uses
video,
photography,
drawing
and
sound
to
create
multi-‐media
projects
in
which
he
structures
information
tied
to
recent
historical
events.
His
installations
give
concrete
form
to
micro-‐histories
tied
to
everyday
events
that
often
do
appear
in
history
books
or
newspaper
articles.
His
work
is
based
on
juxtaposing
the
practice
of
archival
research
with
images
he
produces
during
his
personal
visit
to
places
in
order
to
create
an
intuitive
montage
that
leaves
room
for
the
spectator’s
ability
to
imagine
empathetically,
to
reflect
on
the
concept
of
belonging,
the
past
and
the
prospect
of
a
collective
future.
He
has
participated
in
numerous
solo
and
collective
exhibitions
internationally,
notably:
Unmade
Film,
Centre
Culturel
Suisse,
Paris
and
Al
Ma'mal,
Jerusalem,
2013;
Trip
and
Traveling,
curated
by
Lorenzo
Bruni,
Klaipeda
Cultural
Center,
Klaipeda,
Lithuania,
2013;
Awakening,
Aichi
Triennale,
2013;
Time
is
a
Place,
curated
by
Felicity
Lunn,
Kunsthaus
/
Centre
PasquArt,
Biel,
2012;
The
Deep
of
the
Modern,
curated
by
Cuauhtemoc
Medina
and
Katerina
Gregos,
Manifesta
9,
Genk,
2012;
Chewing
the
Scenery,
curated
by
Andrea
Thal,
54th
Venice
Biennale
/
Swiss
Pavilion,
2011;
Selected,
UK
tour
including
CCA
Glasgow,
Brighton
Festival
and
Whitechapel
Gallery,
London,
2011;
Essays
on
Geopoetics,
curated
by
José
Roca,
Alexia
Tala,
Paola
Santoscoy
and
Cauê
Alves,
8th
Mercosul
Biennial,
Porto
Alegre,
Brazil,
2011;
Third
Guangzhou
Triennial,
Guandong
Museum
of
Art,
Guangzhou,
2008.
Image: Uriel Orlow Anatopism, 81 slides, 2010
opening Saturday, 19 April 2014 7 p.m.
Laveronica arte contemporanea
Via Grimaldi 93 - 97015 Modica (rg)
Opening times
Tuesday-Saturday 15.00 - 20.00