Fondation Beyeler
Basel
Baselstrasse 101, Riehen
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WEB
Vienna 1900
dal 25/9/2010 al 15/1/2011
tutti i giorni 10-18 mercoledi 10-20

Segnalato da

Catherine Schott



 
calendario eventi  :: 




25/9/2010

Vienna 1900

Fondation Beyeler, Basel

La Vienna degli anni intorno al 1900, con le esperienze della Secessione e della Wiener Werkstatte, e' stata uno dei laboratori da cui e' scaturito il Modernismo. A questo poliedrico tema la Fondation Beyeler dedica la mostra, a cura di Barbara Steffen, che presenta circa 200 tra dipinti, acquarelli e disegni, modelli architettonici, mobili, disegni per tessuti, oggetti in vetro e in argento, fotografie e manifesti d'artista. Il fulcro dell'esposizione e' costituito dai celebri ritratti e paesaggi di Gustav Klimt, Oskar Kokoschka, Otto Wagner, Egon Schiele e molti altri protagonisti del Modernismo viennese.


comunicato stampa

a cura di Barbara Steffen

La Vienna degli anni intorno al 1900, con le esperienze della Secessione e della Wiener Werkstätte, è stata uno dei laboratori da cui è scaturito il modernismo. A questo poliedrico tema, la Fondation Beyeler dedica la prima, grande mostra mai realizzata in territorio svizzero. La mostra, a cura di Barbara Steffen, presenta circa 200 tra dipinti, acquarelli e disegni; e inoltre modelli architettonici, mobili, disegni per tessuti, oggetti in vetro e in argento, fotografie e manifesti d’artista.

Il fulcro della mostra sul modernismo viennese è costituito dai celebri ritratti e paesaggi di Gustav Klimt, con il loro pronunciato decorativismo, dalle figure di grande potenza espres-siva di Egon Schiele e dai leggendari disegni erotici di entrambi gli artisti. Inoltre saranno presentate al pubblico opere di Oskar Kokoschka, Richard Gerstl e Arnold Schönberg. Il concetto di “opera d’arte totale”, cui tesero artisti, artigiani e architetti della Secessione e della Wiener Werkstätte, attraversa come un filo rosso tutta la mostra e trova eloquente testimonianza nei modelli, i disegni e le fotografie di celebri edifici, nei mobili disegnati dai principali architetti dell’epoca - Otto Wagner, Joseph Maria Olbrich, Josef Hoffmann, Adolf Loos – e nei manufatti di arte applicata, in particolare quelli realizzati da Koloman Moser.

Vienna intorno al 1900
Tra la fine del vecchio e l’inizio del nuovo secolo, la capitale dell’impero austroungarico e sede della corte imperiale fu teatro di un’epocale trasformazione. Capitale dell’arte figurativa e applicata, della musica, letteratura e architettura, Vienna divenne un magnetico polo d’at-trazione per persone di ogni angolo dell’impero. Il clima artistico e spirituale oscillava tra tradizionalismo e desiderio di innovazione, tra fede nel progresso e presagi apocalittici. Franz Kafka e lo scrittore viennese Arthur Schnitzler schizzarono una pessimistica visione del mondo. Otto Wagner nell’architettura, Klimt nella pittura e Freud nella scienza incarna-rono un profondo cambiamento di valori e diedero vita a un’epoca che avrebbe profonda-mente inciso sull’arte delle generazioni future.

La Secessione viennese
Nel 1897 Gustav Klimt, Josef Hoffmann, Joseph Maria Olbrich e altri pittori, scultori e architetti fondarono la Secessione viennese (Associazione degli Artisti Figurativi d’Austria). Si apriva così una stagione che, protraendosi per due decenni, avrebbe portato a una straordinaria fioritura delle arti figurative e applicate viennesi. Contemporaneamente, la nascita del movimento secessionista dava il segnale d’inizio allo sviluppo programmatico dell’opera d’arte totale in seno al modernismo viennese. Respingendo la concezione tradizionale, conservatrice e storicista dell’arte che dominava il Wiener Künstlerhaus, i secessionisti si adoperarono in favore di una fruizione pubblica dell’arte a livello internazio-nale. Il concetto di opera d’arte totale implicava il convergere di arte figurativa, arte applicata e architettura, intese come dotate di pari dignità, e l’idea di una produzione artistica che superasse i confini dei singoli generi, ferma restando l’esigenza di subordinare il ruolo dei dettagli all’efficacia dell’insieme. Anche e proprio la quotidianità doveva essere penetrata e illuminata dall’arte.

La mostra
La mostra offre una panoramica sul periodo compreso tra la fondazione della Secessione viennese e la fine della prima guerra mondiale nel 1918, anno della morte di Gustav Klimt, Egon Schiele, Otto Wagner e Koloman Moser. L’imponente Palazzo della Secessione, sovrastato da una cupola di foglioline dorate, venne costruito nel 1898 su progetto di Joseph Maria Olbrich (1867–1908); nello stesso anno ospitò la prima mostra degli artisti secessio-nisti e divenne ben presto un simbolo della città di Vienna. Nel 1902 Klimt vi realizzò il celebre Fregio di Beethoven, la cui copia accoglie i visitatori nel foyer della Fondation Beyeler, segnando l’inizio del percorso della mostra. La prima sala ospita il modello architet-tonico originale della Secessione, così come manifesti di artisti, documenti relativi al celebre edificio e un ventaglio le cui lamelle furono realizzate da tutti i membri della Secessione.

Gustav Klimt (1862–1918), primo presidente della Secessione viennese, fu un pittore e disegnatore di straordinario talento. Figura centrale e ispiratrice del modernismo viennese, fu un vivace sostenitore del concetto di opera d’arte totale. Alla sua opera sono dedicate tre sale, per un totale di circa cinquanta tra dipinti, disegni e schizzi. Tra i soggetti più celebri della sua pittura, oltre ai temi allegorici, compaiono i ritratti femminili caratterizzati da una forte rilevanza dei motivi ornamentali. La mostra presenta alcuni capolavori come Giuditta II (Salomé; 1909), Ondine (Pesci d’argento, 1899 ca.), Pesci d’oro (1901/02) e La danzatrice (1916/18). Quest’ultimo dipinto incarna la quintessenza dei ritratti klimtiani di figure femminili: la composizione piatta, il cromatismo dei motivi ornamentali, l’atmosfera sensuale ed estetiz-zante e la compresenza di figura in piedi e motivi astratti rimandano già all’arte del XX secolo inoltrato.

Un soggetto ricorrente della sua pittura di paesaggio è il lago Attersee nella regione del Salzkammergut, dove tra il 1900 e il 1907 Klimt usava trascorrere l’estate. Nei dipinti Attersee (1901) e Il parco (1910 o precedente), le composizioni cromatiche praticamente astratte anticipano il futuro percorso dell’arte non oggettiva. Per l’innovativa modalità di rappresentazione dello spazio e della superficie, il dipinto L’arrivo del temporale (Il grande pioppo II, 1903) è considerato il più grandioso paesaggio klimtiano.

Klimt fu attivo anche come mentore dei giovani artisti, tra cui Oskar Kokoschka e soprattutto Egon Schiele, che in seguito si sarebbero allontanati dall’ideale dell’opera d’arte totale per approdare al linguaggio di un nascente espressionismo.
Schiele rappresentò l’affetto e l’ammirazione per Klimt nel dipinto a olio Eremiti (1912), che raffigura la duplice figura dei due artisti, avvolti da un mantello nero. Se le figure di Klimt sono sempre inserite in un tessuto di motivi cromatici astratti e puramente decorativi, la pittura di Schiele si liberò progressivamente di ogni gusto estetizzante e ornamentale. L’interesse dell’artista era rivolto al corpo “vero”, anche se affaticato o stremato, e alla sua carica erotica.

La mostra presenta venti significativi dipinti di Egon Schiele (1890–1918), tra cui ritratti e paesaggi, e più di cinquanta dei suoi pregevoli lavori su carta. Morto ancora giovane di febbre spagnola, Schiele fu un maestro nella messa in scena di se stesso e nella resa di figure cariche di valori psicologici. I suoi celebri autoritratti, come Autoritratto con testa abbassata e Autoritratto con spalla nuda alzata (entrambi del 1912), sono al contempo considerati capolavori dell’espressionismo. Schiele rifiutò il dominante ideale classico di una riproduzione estetizzante del corpo maschile e non disdegnò soggetti di contenuto scanda-loso, come nel celebre dipinto Cardinale e monaca (L’abbraccio, 1912).

In una saletta riservata ai soggetti erotici sono esposti i famosi, sensuali acquarelli e disegni con cui Schiele superò il tema del nudo, elevando per la prima volta a soggetto pittorico le manifestazioni della sessualità. Le sue modelle assumono spesso posizioni bizzarre, appaiono isolate in un ambiente privo di ulteriore definizione. L’esposizione pubblica di questi lavori era impensabile nella Vienna d’inizio secolo: nel 1912 Schiele fu denunciato per aver esposto al pubblico delle opere di soggetto erotico.

I sensuali disegni di figure femminili realizzati da Klimt sono per lo più lavori a matita o carbo-ncino; l’uso del colore è scarso, mentre accurato appare lo schizzo dei corpi. I disegni espri-mono spesso un erotismo esplicito; a differenza di quelle di Schiele, le modelle di Klimt sono per lo più colte in un attimo di passionale rapimento, e raramente il loro sguardo è diretto all’osservatore.

Pittore, disegnatore e scrittore, Oskar Kokoschka (1886–1980) fu rappresentante di un espressionismo inteso come movimento di universalistica aspirazione. I suoi ritratti, realizzati tra il 1907 e il 1910 e assolutamente nuovi per l’epoca, si concentrano sulla resa della testa e del busto; uno spazio non percepibile fa da sfondo alle opere. Dall’involucro della pura fisicità, Kokoschka sembra estrarre i contenuti psicologici dell’esistenza umana.
Come Schiele, Kokoschka dedica particolare attenzione alla gestualità delle mani. Nel dipinto a olio Annunciazione (1911 ca.), esempio eccellente della sua produzione a tema religioso, il racconto biblico viene collegato a una gestualità e un dinamismo corporeo estremi. La mostra presenta un famoso Autoritratto (1917) e alcuni ritratti, tra cui quelli di Alma Mahler - compagna e musa ispiratrice dell’artista - e dei compositori Anton von Webern e Arnold Schönberg.

L’opera del compositore Arnold Schönberg (1874–1951), che occupa una posizione di rilievo in seno all’arte viennese del primo XX secolo, illustra particolarmente bene il duplice talento di molti esponenti del modernismo viennese e il loro intimo legame con la musica. Schönberg realizzò autoritratti, paesaggi e “visioni” pittoriche che hanno per tema lo sguardo e la visione umana. La mostra propone al pubblico alcune tra le più significative opere dell’
artista. La fascinazione per il proprio sguardo, che nell’opera Lo sguardo (1910) giunge a programmatica espressione, ebbe un ruolo rilevante anche sull’arte di Schiele, Kokoschka e Gerstl; ad essa si deve la potenza espressiva con cui gli artisti seppero rivelare la loro intima personalità.

Richard Gerstl (1883–1908) realizzò numerosi ritratti della donna cui era legato, Mathilde Schönberg, moglie del suo amico Arnold Schönberg. Tra le opere più rilevanti dell’artista si annovera il quadro La famiglia Schönberg (1907), la cui stesura impulsiva contrasta aperta-mente con gli ideali estetici del movimento secessionista. Nel noto Autoritratto con busto nudo su fondo blu (1904/05), Gerstl rappresenta se stesso citando alcuni elementi conte-nutistici e formali dell’iconografia di Cristo; raffigurandosi in modo analogo al messia, Gerstl esalta la propria immagine di sé in quanto artista. Gli autoritratti di Gerstl, come quelli di Schiele, esprimono un forte narcisismo e una pronunciata espressività.

La Wiener Werkstätte
Comunità di produzione composta da artisti figurativi e artigiani, la Wiener Werkstätte fu fondata nel 1903 dall’imprenditore Fritz Waerndorfer insieme a Josef Hoffmann e Koloman Moser, che ne fu il principale promotore. L’obiettivo della Werkstätte, che si ispirava al britannico Arts and Crafts Movement e avviò rapporti di collaborazione con la Secessione e la Wiener Kunstgewerbeschule (Scuola viennese di arti e mestieri), era favorire un rinno-vamento del concetto di arte nel campo dell’artigianato e delle arti applicate. L’amore per la sperimentazione e l’ambizione a un alto livello qualitativo influenzarono stilisticamente sia la progettazione architettonica che la produzione di oggetti destinati alla vita quotidiana, come armadi, comò, scrittoi, lampade, sedie, tavoli e, a volte, interi allestimenti interni; e inoltre oggetti di moda, gioielli, vetri, oggetti d’argento e libri.

L’opera di Koloman Moser (1868–1918), che fu attivo come pittore, disegnatore, designer di mobili, artigiano, scenografo e allestitore di padiglioni espositivi, rappresenta in sé un esem-pio di opera d’arte “totale”. La sua pittura è fatta di ritratti, paesaggi dai colori intensi e quadri con gruppi di figure. Ritratte per lo più en face o di profilo, le figure appaiono rigide, come congelate nel mezzo di un’attività dinamica. Oltre a numerosi oggetti di arte applicata, la mostra presenta alcuni capolavori dell’artista, come Venere nella grotta (1914 ca.) e Due ragazze (1913/15 ca.). Straordinari per design e configurazione estetica appaiono il mobile buffet La pesca miracolosa, che Moser presentò al pubblico nel 1900 in occasione dell’ottava mostra della Secessione, e la Cornice per quadri (1901/02).

Un esempio coerente del concetto di opera d’arte totale è rappresentato dal Cabaret Fledermaus (1907) di Josef Hoffmann (1870–1956), di cui la mostra offre un’esauriente documentazione. Hoffmann ne concepì ogni dettaglio, dalle scenografie al palinsesto, dagli arredamenti al vasellame. Mobili, sedie, oggetti in argento e vetro, così come un modello architettonico del Sanatorio di Purkersdorf (1904) testimoniano l’eclettico talento artistico di Josef Hoffmann.

Otto Wagner (1841–1918) fu docente di architettura presso la Akademie der bildenden Künste (Accademia di arti figurative). Alla “scuola Wagner” si formarono celebri architetti come Josef Hoffmann, Joseph Maria Olbrich e Adolf Loos, i cui nomi da soli bastano a richiamare vasta parte dell’architettura viennese negli anni a cavallo del 1900. La costante dell’architettura wagneriana fu il principio della funzionalità, che prevedeva anche l’utilizzo di materiali moderni come alluminio e acciaio.
Nel pionieristico progetto della Postsparkasse (1904–1906), l’architetto impiegò cemento armato, lastre di marmo e soprattutto alluminio, utilizzato sia come elemento di scansione e configurazione dell’involucro esterno che come materiale costruttivo. Lo stesso Wagner progettò gli allestimenti interni, caratterizzati da una sapiente definizione delle strutture gerarchiche attraverso un mirato uso dei materiali e un consapevole linguaggio formale. Tra gli altri celebri edifici realizzati da Wagner vi è la chiesa di San Leopoldo a Steinhof (1905
/06), le cui finestre laterali furono progettate da Koloman Moser. La mostra presenta al pubblico i modelli architettonici di entrambi gli edifici.

Adolf Loos (1870–1933), energico oppositore dei secessionisti viennesi, sostenne i valori di funzionalità, semplicità e chiarezza sia nell’architettura che negli oggetti d’uso; gli stessi principi applicò alla progettazione degli interni. Loos divenne così il pioniere di tutta l’archi-tettura moderna. La sua celebre Casa sulla Michaelerplatz (1909/11), il cui modello architet-tonico è visibile in questa mostra, fu edificata di fronte alla Hofburg imperiale e sollevò uno scandalo a causa della sua facciata completamente priva di elementi ornamentali.

Sguardo d’insieme
La creatività degli artisti attivi a Vienna intorno al 1900, il superamento dello Jugendstil e del suo decorativismo attraverso uno stile improntato a chiarezza e funzionalità e infine l’avvici-namento tra arte figurativa e arte applicata, che si manifestò in particolare in seno alla Wiener Werkstätte dando vita al concetto di opera d’arte totale, hanno influenzato durevol-mente la successiva evoluzione del linguaggio artistico. La stretta collaborazione tra gli artisti del modernismo viennese implicava anche un nuovo concetto dell’opera d’arte totale, che in seguito venne ripreso e sviluppato dal Bauhaus e dal movimento De-Stijl. Le conseguenze estetiche di tale concetto sono rinvenibili tutt’oggi, nella misura in cui la rigida distinzione tra un’arte “alta” e un’arte “bassa” è ormai per lo più superata. Il lavoro di architetti come Zaha Hadid, Frank Gehry e Gio Ponti, così come quello degli artisti Tobias Rehberger, Jorge Pardo e Takashi Murakami, porta avanti nella contemporaneità il concetto di opera d’arte totale.

La mostra si avvale anzitutto di 80 opere provenienti dal Leopold Museum di Vienna, che conserva la più grande collezione del mondo di opere di Egon Schiele. 40 disegni proven-gono dall’Albertina di Vienna, una delle più grandi e significative collezioni di opere grafiche al mondo. Il Kunsthaus Zug, Stiftung Sammlung Kamm – la principale collezione europea del modernismo viennese al di fuori del territorio austriaco – ha concesso in prestito 50 opere. Tra gli altri musei viennesi che hanno contribuito con i loro prestiti alla realizzazione di questa mostra sono da citare il Belvedere e il MAK – Museo austriaco d’arte applicata, il Wien Museum, la Secessione Viennese, lo Schönberg Center, il BA-CA Kunstforum Wien e l’Universität für Angewandte Kunst. Altre opere significative sono state prestate dai new-yorkesi Neue Galerie, Museum of Modern Art e Solomon R. Guggenheim Museum; dalla Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro e dalla Fondazione Musei Civici di Venezia; dal Kunstmuseum di Basilea, dal Kunsthaus di Zurigo e dal Kunstmuseum di Berna.

La mostra è stata realizzata dalla curatrice ospite Barbara Steffen di Vienna. Dal 1988 al 1992, Barbara Steffen è stata assistente curatrice presso la Eli Broad Foundation di Los Angeles, dal 1992 al 1998 responsabile dei progetti europei del Solomon R. Guggenheim Museum di New York e dal 2006 al 2008 curatrice della sezione arte contemporanea del museo Albertina di Vienna. Tra le principali mostre realizzate da Barbara Steffen vi sono la retrospettiva dedicata a Gerhard Richter presso il museo Albertina (2008), la mostra “Francis Bacon e la tradizione figurativa” tenutasi nel Kunsthistorisches Museum di Vienna e nella Fondation Beyeler di Basilea (2003/04), nonché la mostra “Visions of America – La col-lezione Ileana Sonnabend” organizzata presso lo Essl Museum di Vienna. Nel 2000 ha ricevuto il premio Maecenas per la promozione dell’arte e nel 1998 il “Premio Gustav Klimt”. Al momento, Barbara Steffen vive a Vienna.

Il catalogo della mostra, curato da Barbara Steffen per conto della Fondation Beyeler, è pubblicato in lingua tedesca e inglese dall’editore Hatje Cantz di Ostfildern. Contiene saggi di rinomati specialisti come Christian Meyer (Schönberg Center, Vienna), Franz Smola (Leo-pold Museum, Vienna), Barbara Steffen, Barbara Sternthal, Beate Susanne Wehr, Alfred Weidinger (Belvedere) e Richard Zettl (Universität für Angewandte Kunst, Vienna), nonché una cronologia di Michiko Kono (curatrice assistente della Fondation Beyeler); 272 pagine, 289 illustrazioni, di questo 276 a colori , 68 CHF, ISBN 978-3-905632-85-9.

Le strutture espositive sono a cura di Dieter Thiel.

La mostra è accompagnata da un ricco programma di film, musica, cabaret e letteratura. Nel sottosuolo del museo un tipico caffè viennese offre al visitatore un momento di ristoro, mentre un supplementare Art Shop propone una selezione di prodotti viennesi. L’audio-guida e un’area informativa con cataloghi e letteratura specialistica a disposizione dei visitatori ga-rantiscono la possibilità di approfondimenti sul tema; un CD offre agli interessati una raffinata selezione di musica viennese.

Il progetto è stato realizzato in collaborazione con l’Ente Turismo di Vienna e l’Ente Turismo di Basilea.

Contatti/Ufficio stampa
Catherine Schott, tel. + 41 (0)61 645 97 21, fax + 41 (0)61 645 97 39
presse@fondationbeyeler.ch
Per l’Italia: Francesco Gattuso + 39 335 678 6974 gatmata@libero.it

Immagine. Gustav Klimt, Judith II, 1909 © Fondazione Musei Civici di Venezia, Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro

Inaugurazione 26 Settembre 2010

Fondation Beyeler
Baselstrasse 101, Riehen, Basel
Orari di apertura della Fondation Beyeler: tutti i giorni ore 10 –18 mercoledì ore 10 - 20

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