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Juliet Anno 20 Numero 103 maggio/giugno 2001



Jenny Holzer

a cura di Elena Zanichelli



Art magazine
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Elena Zanichelli: Oltre ad altri testi composti in un periodo precedente e proiettati qui a Berlino, la Neue Nationalgalerie inaugura il nuovo 'OH' - una parola polisemica. Dal suo punto di vista, 'OH' ha un significato preciso?

Jenny Holzer: "OH" è una parola che può essere intesa in modi differenti: potrebbe essere qualsiasi cosa, una parola suscitata da shock, disaccordo o chiarimento, quale "Oh, I get it", oppure "Oh, my god".

E.Z. : L'anno scorso è stata invitata dall'American Academy, quest'anno la Neue Nationalgalerie Le dedica una personale. Quale tipo di lavori ritiene funzionino meglio qui a Berlino, le proiezioni open air o quelle in interni?

J. H. : Beh, qui a Berlino l'opera che ora presento in interni è, in qualche modo, open air, o quantomeno qualcosa che chiunque, attraverso le vetrate, può vedere - e questo a qualunque ora della notte, anche quando il museo è chiuso. Le proiezioni vanno poi distinte dal lavoro nel museo: sono state concepite per edifici di diverso tipo, risultando pertanto, per la maggior parte delle persone, inaspettate. La gente ci s'imbatte e non ha idea di cosa si tratti o per quale motivo siano state realizzate, o chi stia dicendo cosa, e a qual fine.

E.Z. : Qualche commento sulle prassi in cui un'audience 'tedesca' si confronta col suo lavoro?

J. H. : È stato molto interessante per me presenziare all'inaugurazione aperta al pubblico, uno dei momenti più belli, in quanto ognuno sostava molto tranquillamente e attentamente, tutti seguendo col capo la medesima direzione, quella del testo. Un atteggiamento delizioso, "lovely", e pieno di rispetto - l'ho davvero apprezzato, questo ha valorizzato l'opera. All'aperto [in occasione dell'inaugurazione di "Oh", testo scorrevole su tredici nastri elettronici installati sul soffitto in corrispondenza delle travi portanti, all'esterno della Neue Nationalgalerie, sulla Matthäikirche e sulla Staatsbibliothek, si proiettavano testi tratti da serie precedenti, N.d.A.], la maggior parte dei presenti stava congelando... l'inverno avanzato non è il momento migliore dell'anno per proiezioni Xenon. Sono belle, ma fa troppo freddo per trattenervicisi.

E.Z. : Nella cartella stampa per la sua esposizione a Berlino c'è un pieghevole titolato "BiG Hotline", un'organizzazione che combatte contro la violenza domestica nei confronti delle donne. Questa è una tematica che ricorre spesso nel suo lavoro. Penso ai testi contenuti in Lustmord, e letteralmente illustrati con sangue di donne nel Süddeutsche Zeitung, 1993. Sino a che punto pensa sia possibile sostenere forme di intervento sociale attraverso l'arte?

J. H. : Ritengo sia più efficace agire direttamente, se si tenta di ottenere un cambiamento a livello sociale. Non lo farei necessariamente attraverso l'arte, tranne nel caso in cui questo abbia un senso per l'artista e, al contempo, una causa da conquistare. In questo caso, l'organizzazione ha avuto modo di ottenere molta pubblicità gratuita, poiché il numero telefonico hotline è stato ampiamente diffuso. Penso che questo sia veramente utile. L'organizzazione riceverà, inoltre, del denaro [il ricavato dalla vendita del catalogo realizzato in occasione dell'esposizione "Oh" sarà devoluto all'iniziativa "BiG Hotline", con sede a Berlino, N.d.A.]. Ritengo che la causa si affianchi perfettamente al contenuto della maggior parte del mio lavoro. Detto questo, penso sia fantastico il fatto che molta 'arte' sia assolutamente astratta e non abbia nulla a che fare con una causa particolare. Talvolta l'arte non dovrebbe esser altro che sé stessa e muoversi partendo da quanto la compete - o non la compete.