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Juliet Anno Numero 95 dicembre '99



DANILO ECCHER

di Guido Bartorelli

Intervista



Art magazine
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Danilo Eccher fotografato alla GAM di Bologna di fronte a un'opera di M. Samorè

Guido Bartorelli: Vorrei, per iniziare, una presentazione sua e della Galleria d'Arte Moderna di Bologna, di cui lei è direttore.
Danilo Eccher: Ho diretto per sei anni la Galleria d'Arte Moderna di Trento. Da quattro sono a Bologna. Il mio arrivo è coinciso con la trasformazione della Galleria Civica in Istituzione. Infatti, la GAM bolognese è oggi un'istituzione del Comune, con una relativa autonomia gestionale e amministrativa, coordinata da un consiglio d'amministrazione. Da tre anni questo cambiamento istituzionale ha inevitabilmente provocato un cambiamento strutturale della Galleria. La GAM ha individuato i suoi indirizzi specifici, con relativi piani d'intervento: un piano d'intervento didattico, un piano d'intervento di servizi al pubblico, uno multimediale e archivistico e infine la parte espositiva, che è quella più evidente al pubblico. Stiamo investendo su ogni singolo settore. Per esempio il dipartimento didattico: siamo partiti due anni fa in forma sperimentale, cercando di istituire un dipartimento didattico, che oggi è uno dei punti di riferimento in Italia. Il suo ambito d'intervento va dalle scuole dell'infanzia alla formazione professionale, in quanto abbiamo una convenzione con l'Università per una sorta di tirocinio per gli specializzandi, oltre a corsi d'aggiornamento per docenti di ruolo. Quest'anno, inoltre, abbiamo iniziato un'attività per le famiglie, sul modello Kinderheim. Per quanto riguarda la parte espositiva, essa è strutturata in quattro aree: una dedicata alla collezione permanente, che stiamo rinnovando sia dal punto di vista espositivo, sia dal punto di vista dell'acquisizione delle opere. Un'altra area è dedicata alle mostre internazionali; quindi c'è una sorta di Kunsthalle, che è Villa delle Rose, dove gli artisti producono un progetto specifico, e infine lo Spazio Aperto che è il nostro luogo di dibattito e sperimentazione, dedicato ai giovani artisti.

GB: E il Museo Morandi?
DE: Il Museo Morandi è una sezione dell'istituzione GAM, che però vanta un'autonomia specifica.

GB: I finanziamenti provengono solo dal Comune o anche da sponsor?
DE: Anche da sponsor privati. Però i finanziamenti rimangono per la massima parte comunali, perché la GAM è un museo della città di Bologna.

GB: Avete ospitato mostre di Gilbert & George, Schnabel, Sarmento, Baselitz, Kiefer... Con che criterio sono state operate queste scelte?
DE: L'indirizzo principale espresso dal Consiglio d'Amministrazione è quello dell'internazionalizzazione. L'intento è di posizionare Bologna in ambito internazionale e quindi rendere il suo museo uno dei musei italiani di riferimento per l'Europa. Accanto allo sforzo d'internazionalizzazione, ovviamente, vale il criterio del valore qualitativo dell'artista coinvolto. La scelta è stata quella di puntare su protagonisti indiscussi dell'arte contemporanea, senza voler imporre un unico indirizzo tematico o di linguaggio.

GB: Un'obiezione potrebbe riguardare il coinvolgimento del pubblico: da una parte si tratta di maestri di immenso valore, però non sono nomi che sanno avvicinare le folle alla Galleria. D'altra parte, scegliendo di puntare su di un pubblico specializzato, non si tratta nemmeno di nomi, magari sconosciuti ai più, ma freschi, carichi di stimoli per la nuova ricerca, che allora potrebbero attirare frotte di giovani artisti e studenti.
DE: Io credo che sia quasi il contrario, visto che siamo passati dagli 8.000 visitatori all'anno di tre o quattro anni fa, agli oltre 60.000, senza contare la sezione didattica. Il livello di crescita è stato enorme e oggi siamo su standard europei. Certo che una mostra di Kandinskij o Klee ha un pubblico maggiore, perché coinvolge la grande massa. Si tratta di una differente scelta di politica museale che tiene conto della tradizione e della vocazione della GAM. Per quanto riguarda gli operatori più giovani i nostri modelli sono i musei stranieri che permettono una conoscenza diretta dell'arte contemporanea e non solo quella attraverso le sue riproduzioni.

GB: D'altra parte mi sembra, frequentando l'arte più giovane, che le ricerche rappresentate dal lavoro di Sarmento, Clemente, Baselitz... non siano tra i riferimenti più cari alla ricerca giovane.
DE: Penso che spesso si corra il rischio che il confronto sia totalmente autoreferente, quindi del tutto inutile. Gli artisti italiani che sono riusciti a emergere a livello internazionale, sono proprio quelli che hanno avuto la capacità di confrontarsi con le realtà internazionali, dove il dibattito non si esaurisce nell'ultimo fermento.

GB: Ma non crede che alcuni nomi assolutamente internazionali, posso citare Tony Cragg, dato che lei ne curò una splendida personale a Trento, possono essere più vicini alla sperimentazione attuale, che non quelli su cui insiste la GAM?
DE: Può darsi, è un'opinione. Io ho curato una mostra di Baselitz. Ricordo di aver letto delle riviste in cui mi si rimproverava: "È la solita mostra di Baselitz". Invece era la prima mostra di Baselitz in uno spazio pubblico italiano! Negli ultimi due anni Baselitz aveva esposto solamente al Guggenheim, alla National Gallerie di Berlino e da noi. Quindi, a volte, la voglia di novità fa perdere una visione più complessiva. Credo che la GAM dimostri una grandissima attenzione per la sperimentazione e non a caso abbiamo attivato lo Spazio Aperto. La capacità di una gestione museale nasce proprio dall'equilibrio, dal sapersi muovere in tutte le variabili e le varianti che ci sono nell'arte contemporanea. In fondo la stessa osservazione che mi fa il giovane artista che vorrebbe solo sperimentazione, la può fare chiunque privilegi il proprio settore. Il giovane artista è un pubblico d'élite, e noi dobbiamo rivolgerci a questo pubblico d'élite, tenendo presente, però, che non è l'unico pubblico di referenza di un museo.

GB: A proposito delle nuove acquisizioni, come procedono, con che criterio vengono effettuate?
DE: Il criterio delle nuove acquisizioni rispecchia l'indirizzo generale della Galleria. Acquisiamo nelle formule più varie, compresa la donazione, opere di artisti che siano forti e solidi protagonisti dell'arte internazionale. Inoltre acquisiamo giovani passati generalmente, ma non necessariamente, attraverso lo Spazio Aperto. Ci muoviamo in questo equilibrio tra area internazionale e giovane sperimentazione. Non trascuriamo però anche certe particolari acquisizioni legate a figure significative dell'arte italiana, per esempio Virgilio Guidi o Zoran Music, Paladino e Zorio, che recentemente hanno fatto grandi donazioni alla Galleria e ai quali la GAM sta dedicando un archivio inserito in un Centro Studi per l'Arte Contemporanea.

GB: Può essere più preciso a proposito delle acquisizioni di giovani artisti?
DE: Recentemente abbiamo acquisito opere di Monica Carocci, Giuseppe Gabellone, Vanessa Beecroft, Enrica Borghi, Bernhard Rüdiger, Maurizio Arcangeli, Walter Niedermayr, Yanobe.

GB: Quale sarà la sede della GAM nel Duemila?
DE: Intanto abbiamo rilanciato la sede attuale di piazza Costituzione. L'abbiamo ristrutturata, potenziata, ricavando oltre 1.000 metri quadrati, precedentemente inutilizzati, che oggi vengono aperti al pubblico. C'è poi il progetto di realizzare una nuova sede per il museo d'arte contemporanea a Bologna.

GB: All'ex Forno del Pane?
DE: Uno di questi progetti riguarda l'ex Forno del Pane all'interno del complesso dell'ex Manifattura Tabacchi.

GB: Ancora non è certo?
DE: Al momento c'è la certezza di un progetto in fase esecutiva, che stiamo seguendo con la massima attenzione, perché potrebbe costituire un'ottima chance per un ulteriore rilancio della Galleria.

A cura di Guido Bartorelli

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