Museo Nuova Era
Bari
Strada dei Gesuiti, 13
080 5061158 FAX 080 5061158
WEB
Carlo Michele Schirinzi
dal 9/9/2009 al 29/9/2009
lun-sab 18-20.30

Segnalato da

Carlo Michele Schirinzi




 
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9/9/2009

Carlo Michele Schirinzi

Museo Nuova Era, Bari

Tangenziale Sud. Alla Puglia come nuovo West (raccontato da Gianni Amelio e Nanni Moretti), alla 'no man's land' di Carmelo Bene, Schirinzi guarda con taglio non cronachistico o documentario, ma attraverso un lavoro profondo sul linguaggio. Una metaforica 'dissolvenza incrociata' su un duplice registro notturno-diurno, costituisce la struttura della grande proiezione che avvolge la parete d'ingresso.


comunicato stampa

a cura di Antonella Marino

È dedicata a Kemy la personale di Carlo Michele Schirinzi che inaugura la nuova stagione espositiva di Museo Nuova Era. Forse non tutti ricorderanno: Kemy era la giovanissima prostituta nigeriana investita e uccisa da un’auto durante un inseguimento con la polizia sulla “tangenziale sud” di Bari, litorale San Giorgio, nel 2008.

Non é evidentemente questo specifico episodio ad ispirare il giovane artista salentino. Kemy è un simbolo o meglio una sineddoche: sta per le tante vittime di quella “transumanza umana” che da anni approda sulle nostre coste e varca i nostri confini nell’illusione di una vita migliore. Kemy rappresenta quel sogno, quasi sempre frustrato. Un sogno che ha mutato la visione geografica, facendo del nostro Mezzogiorno la terra promessa dei profughi, quasi una nuova frontiera. A questa Puglia come nuovo West (raccontato dal cinema a partire da Lamerica di Gianni Amelio o Aprile di Nanni Moretti), alla “no man's land” di Carmelo Bene in Nostra Signora dei Turchi Schirinzi guarda con taglio non cronachistico o documentario, ma attraverso un lavoro profondo sul linguaggio.

Una metaforica “dissolvenza incrociata” su un duplice registro notturno/diurno, costituisce così la struttura della grande proiezione doppia e circolare che avvolge la parete frontale nell'ambiente d’ingresso. Le dissonanti note di Abat-jour (nella versione del 1965 interpretata da Luciano Virgili), rivisitata e disturbata da Stefano Urkuma De Santis, fanno da colonna sonora alla scia lasciata dal motore di uno scafo che solca il mare e che divide verticalmente l’inquadratura. La scena si sposta poi sull’asfalto della strada, ripreso sempre con lo stesso punto di vista centralizzato: sintesi di una “prospettiva in fuga” che allude ai drammatici viaggi migratori come ricerca appunto di una nuova prospettiva, di fatto però impossibile.

Questa “impossibilità di modificare la propria esistenza”, non ha tuttavia per Schirinzi un valore solo storico e contingente, ma assume un significato più ampio. È il senso d’impotenza che caratterizza in generale la condizione umana, sul solco di un pensiero che dall’assurdo di Beckett vira al grottesco di Jarry, passando per le provocazioni dell’amato conterraneo Bene, e la sostituzione del dramma con la farsa.
Ciò è evidente nell’altro video, proiettato al piano sottostante. Il titolo, Arca di concentramento, rimanda ancora al tema migratorio, alle moderne arche destinate “ai turisti forzati dei naufragi storici”. Con riferimento ad una sorta di diluvio universale, lo scroscio d’acqua di un temporale (come “le docce ad Auschwitz”) bagna le scene di un vecchio filmato porno anni venti. Mentre nei fotogrammi bianco-nero disturbati da salti e inceppi, il reiterato abbraccio di due corpi denuncia “il disperato tentativo di ogni contatto”, la difficoltà di instaurare un vero rapporto (sdrammatizzata da un inatteso twist, sul finale).

Una tematica, quella del “rapporto mancato”, che ritroveremo anche nella videoperformance Chant, proposta durante la mostra il 24 settembre. Qui Schirinzi proporrà una “rivisione voyeurestica” del film di Jean Genet Un chant d’amour (Francia 1950) giocando con le dita sul proiettore che trasmette il frammento in cui i due uomini carcerati cercano invano di amarsi attraverso il muro che separa le due celle.

Con sempre maggiore padronanza dei suoi mezzi Schirinzi attinge e mescola ancora una volta repertori alti e bassi, riferimenti colti e popular, mischia pornografia (come “superamento dell’erotismo”) e sacralità, materiali di archivio e attualità. I testi vengono però destrutturati e spesso letteralmente martoriati con graffiature sulla pellicola e sui negativi, quasi a tentare di cavarne il non-senso nascosto.
Operazione colta e poetica al tempo stesso, esplicita nel grande polittico fotografico in otto pezzi, Dissolvenza in chiusura, sempre al piano inferiore: una “trasfigurazione” che parte dalla celebre immagine della Morte della Vergine di Caravaggio, e con successivi passaggi la cancella, approdando dal chiaroscuro al bianco, dalla presenza, o dal suo simulacro, al nulla…
Antonella Marino

Immagine: Carlo Michele Schirinzi, "Prospettiva in fuga", 2009, frame da video, dvd, colore, 05'50".

Inaugurazione 10 settembre 2009, ore 19
Il 24 settembre alle 19:30 l’autore presenterà la videoperformance Chant

Museo Nuova Era
Strada dei Gesuiti 13, Bari
Orari: dal lunedì al sabato dalle 18.00 alle 20.30
ingresso libero

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