...da Hackert a Balla. La grande pittura come espressione d'arte ma anche come documento storico. Si tratta della rivisitazione, importante e attuale, di una realtà tuttora viva che la metropoli tende erroneamente a rimuovere dalla memoria collettiva, e dal paesaggio mentale attuale, dei Romani.
...da Hackert a Balla
a cura di Pier Andrea
De Rosa e Paolo Emilio Trastulli
Fondazione Cassa di Risparmio di Roma
La grande pittura come espressione d'arte ma anche come documento
storico.
Si tratta della rivisitazione, importante e attuale, di una realtÃ
tuttora viva che la metropoli tende erroneamente a rimuovere dalla
memoria collettiva, e dal paesaggio mentale attuale, dei Romani. Nella
rilettura del paesaggio culturale della storia, in quelle evanescenti
atmosfere caratterizzate da bufali, mura e canneti, la Fondazione Cassa
di Risparmio di Roma, che in quell'area ha avuto le sue origini con la
costituzione della Cassa di Risparmio di Roma nel 1836, riavvia il
discorso sull'identità culturale romana, dove la bellezza classica
della natura e dei monumenti sposa le ore senza tempo dei patriarchi
latini in un'epopea che congiunge Turno, il "pater Aeneas", i butteri e
i bonificatori. Il percorso che la Fondazione Cassa di Risparmio di
Roma, per volontà del Presidente Emmanuele Francesco Maria Emanuele,
ha avviato nella sua sede espositiva del Museo del Corso, con la
recente, fortunata mostra dedicata ai Macchiaioli, continua così con
la più ampia esposizione che mai sia stata dedicata alla
rappresentazione pittorica della "Campagna Romana".
Le cento opere che per questa mostra sono state ottenute da musei
italiani e stranieri e da collezioni private documentano il significato
avuto dalla Campagna Romana nella cultura europea ed italiana a partire
dall'ultimo quarto del Settecento sino agli inizi del Novecento.
La Campagna Romana, quel territorio che, in pittura, circonda Roma
estendendosi a nord sino a Civitavecchia, il Soratte e la riva destra
del Tevere, e a sud sino a Terracina lungo il litorale e nella fascia
interna va dai monti Tiburtini ai Lepini e agli Ausoni, appariva ai
protagonisti del Gran Tour come la terra della solitudine e del
silenzio: paludi, prati con orizzonti segnati dal dolce profilo di
colline, ampie distese disabitate punteggiate da ruderi di acquedotti e
torri, catene montuose fitte di boschi, di forre inaccessibili, burroni
scoscesi. A popolarle erano più bufali e buoi, cavalli, capre e pecore
che non gli uomini. Una campagna che entrava dentro la città con orti
e vigne che occupavano, sino a un recente passato, ampie porzioni
all'interno delle antiche mura.
Già nel Seicento, artisti come Poussin e Claude Gelée avevano colto
atmosfere e luci della Campagna Romana, ma è con il razionalismo
illuminista che teorizza il paesaggio come precisa trascrizione
dell'osservazione naturale, che la Campagna Romana diviene oggetto e
soggetto dell'interesse diretto degli artisti. Non solo dei pittori,
dato che a "lanciare la moda" della Campagna Romana è, per primo, uno
scrittore, René de Chateaubriand, il quale nella famosissima Lettera
sulla campagna romana del 1804 all'amico marchese di Fontanes descrive
il fascino ineguagliabile di questo territorio.
Sul fronte dell'arte, Jacob Philipp Hackert, figura dalla quale prende
avvio, non a caso, la mostra, sceglie la Campagna Romana come
protagonista di molte sue opere. Ma il primo a cogliere nel profondo
tutte le implicazioni presenti nella romantica pagina di Chateaubriand
è Jean-Baptiste Camille Corot, che interpreta la pittura dal vero "non
come esercizio di trascrizione passiva ma come attività di invenzione
formale".
La luce e i colori delle terre intorno a Roma affascinarono un po' tutti
gli artisti stranieri attivi a Roma nella prima metà dell'Ottocento,
tanto da far nascere la consuetudine di onorare la "grande maestra" con
una loro festa annuale a Cervara.
Ideali seguaci di Corot a Roma possono considerarsi l'inglese Charles
Coleman e il romano Nino Costa, il primo interessato ad illustrare la
condizione umana nei luoghi in cui la natura si mostra più "nemica",
come le Paludi Pontine e le montagne Sublacensi, il secondo coinvolto
nell'idea di una pittura dal vero come interpretazione spirituale della
natura.
Intorno a Costa e al sodalizio In Arte Libertas sul finire
dell'Ottocento si riunisce un importante nucleo di artisti sia italiani
che stranieri, tutti fortemente interessati alla pittura di paesaggio.
Dalle ceneri di questo sodalizio nasce, ai primi del Novecento, il
gruppo del "XXV", che ha tra i maggiori esponenti pittori come Enrico
Coleman, Onorato Carlandi, Giulio Aristide Sartorio, Giuseppe Raggio,
Filiberto Petiti, Duilio Cambellotti, quasi tutti già da alcuni
decenni in fama di artisti dediti a raccontare con sincera e profonda
ispirazione e quale motivo dominante della loro produzione la Campagna
Romana.
Ultimo grande ed originale interprete di quel vitale rapporto si rivela
Giacomo Balla, che traspone con un verismo romantico luce e colore di
angoli della Campagna Romana direttamente contigui alla città .
Fonte di emozioni e di suggestioni incomparabili, soprattutto per chi,
provenendo da Paesi già da tempo in piena civiltà industriale,
trovava qui un mondo che apparteneva, di fatto, a stagioni lontane, la
Campagna Romana ha avuto un ruolo determinante nel nascere e
nell'affermarsi del "paesaggio di pittura".
La troppo disinvolta antropizzazione del territorio, intervenuta
soprattutto in un recente passato, col riscatto per tanti versi benefico
delle Paludi Pontine, ma con tutte le conseguenze ambientali connesse,
ha mutato radicalmente la fisionomia della campagna Romana; quella,
appunto, che le immagini dei pittori presenti in questa mostra ci
restituiscono con seducente immediatezza artistica e cromatica.
Le
paludi sono state prosciugate, sono nate nuove città , Roma si è
estesa a macchia d'olio. Queste immagini rappresentano, insieme alla
fotografia successivamente intervenuta, documenti insostituibili di un
periodo storico e umano dei luoghi raffigurati. E restano a ricordare
l'atmosfera di un forse non invidiabile "tempo che fu".
Per questo la
mostra allestita al Museo del Corso diviene anche un suggestivo viaggio
nel tempo e nella memoria.
Catalogo: edizioni congiunte Studio Ottocento - De Luca Editore. Con
saggi di Claudio Strinati, Marcello Fagiolo, Fulco .Pratesi, Elisa
Tittoni, Pier Andrea De Rosa, Paolo Emilio Trastulli, Roberta Tucci e
Riccardo D'Anna.
Segreteria organizzativa: Studio Ottocento.
Vernice per la Stampa: 21 novembre 2001, ore 11
Inaugurazione: 21 novembre 2001, ore 18
Orari: dalle ore 10 alle ore 20. Chiuso il Lunedì.
Ingresso: intero L.12.000; ridotto L. 8.000.
Per informazioni: Museo del Corso - tel. 06/6786209.
Ufficio Stampa: Studio ESSECI - Sergio Campagnolo
Tel. 049-663499 - Fax 049-655098
Museo del Corso,
Via del
Corso n. 320, Roma