Davide Baroggi
Alberto Bongini
Corrado Bonomi
Massimo Caccia
Gianni Cella
Antonio De Luca
Salvatore Falci
Davide Ferro
Mario Finotti
Eliana Frontini
Florencia Martinez
Fabrizio Molinario
Max Papeschi
Massimo Romani
Leonardo Santoli
Giovanni Sesia
Bruno Bandini
I 16 artisti invitati ad esporre in questa mostra spaziano tra gli aspetti piu' diversi delle arti visive. Partecipano con due opere sul tema del ritratto.
a cura di Bruno Bandini
Opere di:
Davide Baroggi - Alberto Bongini - Corrado Bonomi - Massimo Caccia
Gianni Cella - Antonio De Luca - Salvatore Falci - Davide Ferro
Mario Finotti - Eliana Frontini - Florencia Martinez - Fabrizio Molinario
Max Papeschi - Massimo Romani - Leonardo Santoli - Giovanni Sesia
Il progetto espositivo proposto prevede la partecipazione degli artisti citati
con due opere sul tema del ritratto. Sedici artisti, operanti nel territorio
nazionale e internazionale, invitati a partecipare a questo progetto, attraverso la
loro ricerca, spaziando negli aspetti più diversi delle arti visive; dalla pittura
tradizionale, alla fotografia, al video, all'installazione con oggetti di uso
quotidiano o industriale, alla scultura realizzata con i materiali più vari.
Inganni
di Bruno Bandini, testo estratto dal catalogo
“io sono questo” oppure “questo è il mio ritratto”
Non si tratta di un paradosso, di un gioco concettuale che ha a che fare con la
possibilità di additare noi stessi.
Il ritratto è un’immagine che in qualche modo ci custodisce. Custodisce una parvenza
che allude ad un’identità; una traccia sensibile che indica una presenza.
Può essere un’impronta, come quella che Menelao osserva, stupefatto, sul pavimento
che Elena ha calpestato un’ultima volta prima di raggiungere l’amato a Troia;
come quelle che insegue V. – fratello-investigatore che cerca di ricostruire la “vera
vita” di Sebastian Knight, protagonista del primo romanzo in lingua inglese di
Vladimir Nabokov – su una spiaggia che le maree saranno inevitabilmente destinate a
cancellare.
Può essere una riflessione che l’autore rivolge a se stesso, un interrogativo
rigorosamente personale che può basculare tra somiglianza fisiognomica e
sottolineatura del carattere, conformità al vero e idealizzazione, idealismo ed
espressione emotiva, tra astrazione e spaesamento.
Può, spesso, presentarsi come maschera, dissimulazione, inganno, senza dimenticare
che – come sottolinea Claude Lévy-Strauss – “la verità si riconosce dalla cura che
essa prende nel nascondersi”. Eppure disvelare è pericoloso, come lo è scoprire
la verità, che, per statuto etimologico, è “nuda”. Disvelarsi è inopportuno. Alle
celebrazioni dionisiache delle Menadi possono partecipare solo le donne. O meglio,
gli uomini possono essere della partita – a meno che non si tratti di Orfeo, che
disperatamente ricerca Euridice – solo se travestiti da donna. Se l’inganno decade, si
rischia la vita.
Insomma, fin dagli albori della nostra civiltà, mitica e letteraria, sembra valere
l’adagio “sua cuique persona”, “a ciascuno la sua maschera”.
Il ritratto non è solo un “genere” con il quale le arti visive si sono confrontate fin dai
tempi delle narrazioni omeriche, è anche una questione “etimologica”.
Che cosa significa “ritrarre”? Certo si tratta di “ritirare” di “tirare indietro” e,
figurativamente, di “trarre fuori l’immagine”, ma si tratta anche di “distogliere”, di
“sottrarsi”. Come dire: dietro un ritratto ci si nasconde.
Non appaia questa considerazione improntata ad una rivisitazione delle Etimologie
di Isidoro di Siviglia. Ma il termine “ritratto”, come ogni vocabolo e come voleva il
dottore della Chiesa del VII secolo, intrattiene una relazione con la “cosa” che si può
comprendere secundum naturam, oppure secundum propositum.
Come dire: il ritratto non è la pura radiografia di un volto, o non è solo questo.
Indipendentemente dai mezzi con cui il ritratto viene realizzato (pittura, scultura,
fotografia, assemblaggio), la “natura” del soggetto è sottoposta all’intervento del
“proposito”, della motivazione, della scelta che è propria dell’artista. In una parola,
alla sua creatività, al suo talento.
Insomma, tra realtà, raffigurazione e percezione, tra il soggetto che viene “ritratto” e
l’autore si instaura una relazione complessa e divertente, incredibilmente ambigua,
tra le infinite possibilità dell’apparire e lo sforzo di restituire l’apparenza alla
disponibilità del nostro sguardo.
Detto ancora in un altro modo, il “ritratto” è un modo di dire l’infinità delle
disseminazione di senso del soggetto raffigurato, alla ricerca di un’ombra
insopprimibile, di un quid che nella distrazione del quotidiano sfugge, per quanto la
“verità” di colui che viene ritratto sia inesprimibile, per quanto ogni ritratto non possa
far altro che nasconderla, celarla.
Eppure il ritratto ci invita a riflettere su una sua caratteristica specifica: il suo
essere apertura sul silenzio della propria immagine assente. Fa tornare dall’oblio
dell’assenza, ma, contemporaneamente, rammemora nell’assenza. In una parola è un
monito al nostro sguardo: lo scava, lo esaspera, lo demolisce a volte. Un percorso
allusivo e misterioso che indica un’identità che comunque resta sempre “altra” ed
attorno alla quale si organizza lo spazio del nostro sguardo.
Dunque è il nostro sguardo ad esporre il soggetto. E’ il nostro sguardo che viene
sedotto, perché il ritratto ci chiama a sé facendoci vedere ciò che non può essere
visto.
Come se la metafora paolina videmus nunc per speculum in aenigmate si facesse
carne delle immagini.
Si ringraziano
Comune di Novara, Assessorato alla Cultura
CSV Novara
Numismatica Novaria
Bistrot Nuares
Tipografia Vigentina, Zecone (PV)
Inaugurazione domenica 1 giugno ore 17
Complesso Monumentale del Broletto - Sale dell’Accademia
via Rosselli 20 -Novara
Orari: domenica 10-19 / altri giorni 14-19 / lunedì chiuso
Ingresso libero