La ricerca pittorica di Paolo Liberati corrisponde ad una intenzione del lavoro mai mentale o astratta ma espressa, invece, per il tramite della mano e dell'occhio, della materia e della visione.
a cura di Lorenzo Mango
Lorenzo Mango
Astrazioni del paesaggio
Costruire nella luce ed attraverso la luce. Costruire dentro la superficie ed
attraverso di essa. Pensare il colore come luce e come costruzione di una
superficie che tradisca se stessa. Questi tre assunti - pure presenti qui in una
forma un pò troppo apodittica - rappresentano un buon modo per accedere alla
ricerca pittorica di Paolo Liberati, individuandone il tratto progettuale, che
corrisponde ad una intenzione del lavoro mai mentale o astratta ma espressa,
invece, per il tramite della mano e dell'occhio, della materia e della visione.
C'è um'intensa vocazione febbrile, infatti, nella pittura di Liberati che lo
spinge a sperimentare il linguaggio partendo dalla sua consistenza di tecnica,
dalla sua natura di pittura. E' così che nasce il quadro, quasi una scommessa
tra lo sforzo di vedere e la necessità del fare. La forma è il risultato di
questa linea di tensione. Forma instabile, allora, sicuramente astratta ma
altrettanto sicuramente innamorata del paesaggio e del corpo che di quella
astrazione si fanno ombra.
E' come se ogni immagine partisse dall'incontro,
dalla sovrapposizione e dalla giustapposizione di sezioni di materia dipinta, le
quali possono rievocare una figura nota (quasi a suggerire volti e paesaggi) ma,
di fatto, si limitano a circoscrivere una porzione di spazio, realizzando una
singolare tra le parti, con i colori che parlano tra di loro talvolta
intendendosi sullo stesso tono, talaltra dandosi sulla voce.
E' proprio
attraverso il colore, infatti, che Liberati costruisce l'immagine, affidandogli
il compito di disegnare lo spazio e di dare corpo alla luce. Attraverso la
dialettica tra questi due elementi la superficie entra in vibrazione e si
schiude a dimensioni ulteriori, che sono percettive quanto fantastiche, che
individuano uno spazio ma rivelano anche un mondo. Si apre, così, ad una
profondità che è virtuale, in quanto non è volumetricamente disegnata, ma è
reale anche, perchè tocca direttamente la nostra sensibilità , perchè è visibile.
Si tratta, infatti, di una profondità di luce, che nasce dai paesaggi tonali,
dai timbri, dalle velature, dalle qualità cromatiche e si risolve in forma.
Liberati ama parlarne come di una luce "tattile" indicandocon questo termine
tanto un procedimento di pittura, una strategia di costruzione della superficie
quanto l'apertura verso un orizzonte visionario dell'immagine.
Pittura pura,
allora, che si trasforma quasi in una sorta di moderno vedutismo, che raffigura
mondi invisibili eppure straordinariamente vicini a noi, immateriali, eppure
incredibilmente tangibili, un vedutismo che è liberatorio perchè svincolatodal
dato di fatto reale e destinato ad una sensibilità che è della psiche tanto
quanto dello sguardo.
Inaugurazione domenica 3 novembre ore 11
Orario: 17/19 escluso festivi
Galleria Miralli
via Chigi 15 viterbo