Attraversare le contingenze allargando le prospettive

29/05/2012
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dOCUMENTA (13)

Stanno per scadere i 1.726 giorni che dividono una documenta dall'altra. Lettera di risposta, con molte domande, alla curatrice Carolyn Christov-Bakargiev; per cominciare a chiarire cosa succederà a Kassel...



Carolyn Christov-Bakargiev, São Paulo, 2010, photo: Eduardo Knapp © dOCUMENTA (13)




G. Faivovich and N. Goldberg, The Campo del Cielo Meteorites – Vol. 1, circa 1965. Photo: Division of Meteorites, Smithsonian Institution, National Museum of Natural History,Washington D.C.




Guillermo Faivovich and Nicolás Goldberg, The Campo del Cielo Meteorites – Vol. 1. 'El Taco' ranch, 1962. Photo: William A. Cassidy




Giuseppe Penone: Ideas of Stone, bronze and stone, 2004/2010, photo: Roman Mensing © dOCUMENTA (13)




II. documenta, 1959, installation view with works of Julio González, photographer unkown. Bequest of Arnold Bode, courtesy of documenta Archiv, Kassel




Carolyn Christov-Bakargiev and Jimmie Durham planting apple trees in the Karlsaue park,Kassel, October 2011, photo: Nils Klinger © dOCUMENTA (13)




From left to right: C. David, W. Grasskamp, J.C. Ammann, O. Enwezor, C. Christov-Bakargiev, R. Fuchs, M. Schneckenburger, R.M. Buergel, J. Hoet; in the background: M. Nash. Photo: Agenzia Fotogiornalistica Reporters




Documenta-Halle, Kassel, 2012, photo: Nils Klinger © dOCUMENTA (13)




Gloria Cinema, Kassel, 2012, photo: Nils Klinger © dOCUMENTA (13)




Museum Fridericianum, Kassel, 2012, photo: Nils Klinger © dOCUMENTA (13)




Barbara Fässler, aprile 2012


Cara Carolyn

Siamo a due passi dal grande evento. Il tempo si comprime, gli avvenimenti si accelerano. Ti immagino estremamente presa, in un vortice di pensieri, materiali, informazioni, decisioni grandi e piccole da prendere a raffica. Immagino la notevole pressione e responsabilità che ti senti addosso, però d’altra parte, stai vivendo un’opportunità unica per innescare un processo di scambi e visibilità importantissimo su scala mondiale. Piantare non un chiodo, ma tanti chiodi nella Storia. L'idea di scrivere su una mostra – così importante – che per di più non ho visto perché ancora non è aperta, è una sfida complessa, poiché sono costretta a limitarmi a parlare di concetti, pensieri, atteggiamenti, desideri e metodi. Potremmo comparare questa situazione ad un esperimento scientifico che non ha ancora avuto luogo: si possono descrivere le ipotesi, la metodologia, le idee che stanno alla base, ma non si possiedono i risultati per una verifica.

Ho pensato di scegliere la stessa forma che tu hai usato per una prima descrizione del concept di dOCUMENTA (13) e quindi scriverti a mia volta una lettera.

Nella tua “lettera ad un amico sconosciuto” del 25 ottobre 2010 diffusa dall'organizzazione di Documenta, una sorta di altro (Gegenüber) fantastico, spieghi che più che mirare ad un risultato, più che scegliere come procedere per innescare un processo di conoscenza, scegli delle espressioni estetiche, degli eventi, delle relazioni, delle reti, che - se ho capito bene - saranno visibili ma ancora modificabili al momento dell’inaugurazione.
Dichiari che dOCUMENTA (13) non è una “mostra” - anche perché la parola “esibizione” contiene, secondo te, un retrogusto narcisistico – e preferisci chiamarla “apparizione”. Potremmo forse pensare che si tratti di una fotografia dell’istante, alla quale potranno seguire tanti altri scatti di tanti altri momenti. Anziché qualcosa di fisso e definitivo, apparirebbero pensieri, oggetti, manifestazioni, azioni che potrebbero svanire ad ogni attimo.

Nel tuo scritto, che inizia con “My dear friend”, parli ad un certo punto di un racconto sull’inizio del mondo, trovato in internet come ispirazione per dOCUMENTA (13). Qui un falco, il giorno dopo una terrificante tempesta, scende a terra e si trasforma in un uomo. Chi degli esseri umani si ricorda ancora dello stato anteriore di uccello, è consapevole che le ali hanno due lati. Un verso contiene lo spirito (la ragione), il corpo (il movimento) e l’anima (il sentimento): se questi tre aspetti sono bilanciati tra di loro l’individuo in quanto tale sarà equilibrato. L’altra faccia dell’ala porta altri tre elementi: la società (la politica e la giustizia), il processo (il curriculum vitae) e la cerimonia (la danza collettiva). Se questi elementi sono in contrappeso, la persona è in armonia con gli altri uomini.

Fin dal principio della Terra, potremmo pensare perciò, che gli esseri umani si trovino in perenne ricerca di equilibrio interno ed esterno, in una lotta senza fine contro molteplici fattori di sbilanciamento, emergenza, pericolo e crisi. Il nostro tempo lo definisci come periodo di estrema instabilità e, in una delle prime conferenze – credo che fosse quella nel settembre 2009, organizzata al Castello di Rivoli a cui hanno partecipato tutti i curatori delle edizioni precedenti di Documenta – dicevi che siamo lontani dalla fine di questa crisi e chi pensa diversamente rischia di essere un illuso. Proprio in questa fase di pericolosa precarietà, si può rivelare essenziale l’animazione frenetica di reti di scambio e la costruzione di archivi contenenti saperi di svariate discipline in grado di nutrirsi a vicenda.

Nel video “Museumsnacht” che riproduce una conferenza nella quale hai presentato il progetto dOCUMENTA (13) al pubblico di Kassel – anziché descrivere i punti fermi – spieghi semplicemente a che cosa sei interessata: la cultura in generale, la storia, le idee, la distruzione della materialità, l’archiviazione e – last but not least – l’energia e la sostenibilità. Una lista variegata che pone da un lato una forte attenzione ai grandi rapporti universali tra le discipline e tra i tempi storici, senza dall’altra perdere di vista la stoffa di cui è concretamente costituita la nostra cultura: saperi sensibili o intelligibili da archiviare in un processo continuo con grande cura e sistematicità. Un archivio in perpetuo movimento e cambiamento che garantisce l’accesso ai materiali in un flusso continuo.

Nella tua lettera all’amico sconosciuto, dichiari di non perseguire una singola idea, ma di progettare coreografie dai materiali, metodi e conoscenze più svariate. Al posto di un’intenzionalità mirata, poni delle azioni indirette. Il tuo metodo – dicevi alla conferenza alla Fondazione Ratti a Como – si vuole organico, aperto e incontrollato. La sua forma è gassosa. Con il tuo rifiuto di stabilire un concept univoco e predefinito, cerchi di disturbare le consuete aspettative. Se ho capito bene, però, il tuo non è un “Non-concetto” – che sarebbe in verità sempre un concetto – ma l’idea è di dare una sorta di “Initialzündung”, una spinta iniziale, che inneschi idealmente un processo di “palla di neve”. Nella forma gassosa invece, per riprendere la tua immagine, le molecole si muovono in maniera incontrollata, e di conseguenza non possiamo esattamente prevedere quale direzione prenderanno e contro quale altra molecola andranno a sbattere.

Ora mi chiedo però, quanto riesci davvero a lasciare andare le cose in modo completamente casuale, e quanto, invece, ne riprendi i fili in mano periodicamente? Immagino che in realtà esista una forma di dialogo con gli artisti che stanno lavorando al loro progetto e che tu sia regolarmente in contatto con loro. Immagino che sarà difficile gestire l’equilibrio tra «carte blanche», libertà assoluta e le esigenze pratiche di una "macchina" gigantesca come Documenta.

Se l'idea è quella di lavorare senza un piano curatoriale preliminare, anche la mostra non vuole essere una mostra, o meglio vuole essere di più di una mostra: uno stato mentale. Vuole – leggiamo sempre nella lettera all’amico – essere un’esperienza che crei senso per un pubblico eterogeneo, partendo da indagini di percezioni, idee, comprensioni e conoscenze. Si collegano saperi dal mondo del teatro, dalla storia delle mostre e dalla fenomenologia, dalla teoria della percezione e dalla psicologia. Lo sforzo di cancellare i confini tra le discipline e gli ambiti dei saperi non intende instaurare un rapporto interdisciplinare, nel quale tutti fanno tutto e nessuno sa fare nulla. L'intento è piuttosto di collegare tra loro i saperi specialistici ad altissimo livello.

dOCUMENTA (13) ambisce, in forma estremamente densa, a “porre domande sull’emancipazione individuale e collettiva tramite l’arte” e vuole essere “piattaforma del sussurro collettivo e anonimo”. La più importante manifestazione d’arte contemporanea, istituisce quindi, durante tutta l’estate del 2012, un luogo che rende possibile dei veri incontri dove riflettere in comune sul nostro mondo attuale. Le opere d’arte del presente che si allacciano a quelle del passato, fungono insieme da spunto per delle riflessioni e dei dialoghi che volano ben oltre il qui e ora della mostra quinquennale e ci fanno vagamente ricordare il nostro passato di uccelli. Capaci di volare con la mente e con il corpo, si mantiene la supervisione delle cose e si creano continuamente nuove connessioni.
La tredicesima Documenta che apre le porte il 6 giugno del 2012, estende il suo sguardo non soltanto a livello geografico (100 artisti da 50 Paesi di tutto il globo), ma, lo abbiamo accennato, anche rispetto alle discipline e alle professioni coinvolte. L’arte esce dal suo tendenziale isolamento per dialogare con le scienze, l’antropologia, l’archeologia, la filosofia e l’ecologia e si espone, confrontandosi con ambiti diversi, alle domande di questo momento storico.

In un’intervista che ho trovato sul sito norvegese kunstkritik.no, affermi che ti piacciono “le cose che non capisci”. Potremmo quindi supporre che dOCUMENTA (13) va vista come un dispositivo di ricerca, dove l’arte si avvicina alle problematiche delle scienze e cerca di formare conoscenze attraverso la percezione e la produzione di oggetti estetici? I modelli, i meccanismi e le metafore espresse dall’arte parteciperebbero quindi all’accrescimento delle nostre conoscenze?
Rispetto ai saperi scientifici, però, siamo di fronte a una forma epistemica volutamente ambivalente e aperta, che non teme la contraddizione, ma, al contrario, la evidenzia. Al posto della produzione di conoscenza tradizionale – con i suoi metodi sistematici di verifica tramite la ripetibilità degli esperimenti – si analizzano i dualismi irrisolvibili: parlare senza lingua, agire senza agire, essere vicini e lontani, crollo e rinnovamento, inclusione ed esclusione, traduzione e intraducibilità. Questi princìpi contrapposti rispecchiano la contradditorietà nell’immagine stessa: viva e morta, forte e debole, presente e assente.

Ora sarei interessata a mettere più a fuoco il metodo di lavoro nel concreto. Dai vari documenti pubblicati si evince che, da un lato hai viaggiato tantissimo e dall’altro, che collabori con “agenti”, “consiglieri” e artisti. In un processo di creazione organico e affettivo che si vuole aperto per cambiamenti continui, attivando un’unità curatoriale flessibile. L’idea, se ho capito bene, è di procedere con una rete di micro-sistemi, nella quale gli agenti si muovono sulla base di procura che gli è stata concessa da te. Oltre agli agenti, ti sei creata un comitato onorario di consiglieri costituito da intellettuali e artisti, antropologi, biologi, fisici, letterati e archeologi. Un board di sostegno potente che usufruisce di competenze policromatiche e che funge da rete di protezione per le acrobazie dei trapezisti che volano da una parte all’altra.

La tessitura tra varie scienze, si rispecchia in un progetto di pubblicazioni già in atto da alcuni mesi: entro la fine della manifestazione usciranno un centinaio di libri dedicati ad ambiti diversi come: arte, scienze naturali, filosofia, psicologia, antropologia, economia, scienze politiche ecc. “100 note, 100 pensieri”, pubblica il non pubblicabile, come si legge, e indaga come si forma il pensiero. Si tratta di una raccolta delle più svariate forme di espressione scritta immaginabili: da riproduzioni di quaderni di note già esistenti a saggi appositamente commissionati, a collaborazioni o dialoghi. Tra gli autori troviamo Michael Taussig, Donna Haraway, Judith Butler, Michael Hardt, Etel Adnan, Alexander Kluge, Suely Rolnik, Bifo – Franco Berardi, Vandana Shiva e Eduardo Viveiros de Castro. Inoltre uscirà per l’inaugurazione della mostra un catalogo di tre volumi pubblicato da Hatje Cantz: Catalog 1/3 – The Book of Books, con immagini, nuovi testi e ristampe dei 100 Note – 100 Pensieri; Catalog 2/3 – Il Logbook, che racconta il processo di costituzione di dOCUMENTA (13) attraverso immagini, corrispondenza e interviste e Catalog 3/3 – The Guidebook, contenente mappe e viaggi tra le opere e i progetti artistici.
Un'altra attività collaterale importante saranno i cosiddetti dTOURS: visite guidate con persone di tutte le età, abitanti di Kassel, non necessariamente appartenenti al mondo dell’arte. Con questa “offensiva” di mediazione si cerca di attivare forme svariate di esperienze e di visioni. Ad esempio: come costruirebbe il giardiniere dell’Auepark la sua visita guidata attraverso le opere d’arte che vi sono distribuite? Le visite guidate, quindi, si ispirano a diversi temi e a domande come: «avvicinamento alla realtà e al tempo» oppure «Oggetti interrotti, che cosa rimane delle cose?» ecc. Le guide che partecipano al progetto dTOURS, hanno tutti seguito nel 2012 una scuola per accompagnatori turistici.

Come in tutte le edizioni di Documenta, anche questa volta la mostra oltrepassa i luoghi consueti del Fridericianum, di Documenta-Halle e della Neuen Galerie; conseguentemente al concetto d’intreccio tra varie discipline, la mostra si estende infatti all’Otteneum e all’Orangerie, luoghi di storia naturale e tecnica, o nei vari padiglioni che si trovano nel Parco della Karlsaue. Ma dOCUMENTA (13) invade anche spazi inconsueti, come un cinema e la casa degli Ugonotti - da tempo chiusi - e spazi fuori città che rappresentano quattro condizioni, a partire delle quali artisti e pensatori devono agire: «sulla scena», «in stato di occupazione», «in stato di speranza» e «in ritirata». Questi luoghi – si legge nel comunicato stampa – aiutano a mantenere fluide le idee che di solito si formano di queste condizioni e sottolineano la loro continua mutazione.

Cara Carolyn a questo punto non ti nascondo la mia curiosità su che cosa sarà dOCUMENTA (13). Non vedo l’ora di scoprire tutti i tesori che avete raccolto attorno al globo, di confrontarmi con gli spunti e i collegamenti tra le discipline più diversificate, tra arte e scienza, pratica e teoria. Intanto vorrei lasciarti con la poesia di Robert Frost citata da te nell’intervista su “kunstkritik.no”: «The woods are lovely, dark and deep. But I have promised to keep. And miles to go before I sleep.»

Barbara Fässler



Qui il pdf con la lettera scritta dalla direttrice artistica di dOCUMENTA (13) Carolyn Christov-Bakargiev

Ulteriori informazioni sull'evento


Questo articolo sarà pubblicato nel prossimo numero della rivista Studija in inglese e lettone


Barbara Fässler, artista zurighese, formatasi alla Villa Arson a Nizza, opera prevalentemente con i linguaggi della fotografia, del video e dell'installazione. Dagli anni '90 cura mostre per varie instituzioni (ProjektRaum a Zurigo, Istituto Svizzero a Roma, Belvedere Onlus a Milano). Scrive regolarmente per la rivista d'arte contemporanea "Studija" di Riga e insegna 'Arti visive' al liceo della Scuola Svizzera di Milano.