Attraversare le contingenze allargando le prospettive

16/02/2011
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Chi comanda a Milano


Quest'analisi di Antonio Angelillo descrive per punti la situazione di un luogo che ha consentito "per la prima volta in Italia di sperimentare sul campo le politiche territoriali della nuova destra che privilegiano due principi ideologici: deregulation e ampi spazi all'azione dei privati".
Per trovare risposte al titolo basta continuare a leggere: "possiamo tranquillamente dire che alcuni dei protagonisti della scena politica degli ultimi anni sono nella maggior parte dei casi espressione diretta o indiretta degli interessi dei grandi gruppi immobiliari". E via cosi' dettagliando...



























Le immagini sono tratte dal blog di Antonio Angelillo


Appunti preparati per l’introduzione all’inchiesta “Chi comanda a Milano” pubblicata nel numero 91 febbraio 2011 del Giornale dell’Architettura.

1. Milano rappresenta attualmente uno dei più dinamici mercati immobiliari europei e il luogo dove si concentrano e si depositano storicamente, a diversi livelli, gli interessi finanziari del resto d’Italia. Compresa quella delle mafie.

2. Milano e la Lombardia sono un eccezionale laboratorio politico che ha dato origine ai movimenti operai, ai sindacati e che ha strutturato i grandi movimenti di destra dominanti la scena nazionale e internazionale: il fascismo di Mussolini, la destra socialista di Craxi, la lega di Bossi, e ovviamente il berlusconismo.

3. La straordinaria continuità politica dei tre livelli amministrativi (Comune, Provincia, Regione) che si verifica dal 1993 ha permesso per la prima volta in Italia di sperimentare sul campo le politiche territoriali della nuova destra che privilegiano due principi ideologici: deregulation e ampi spazi all’azione dei privati. L’antico Piano Regolatore, cioè che regolava gli interessi privati e pubblici, è stato messo in soffitta con tutto il suo bagaglio riformista.

4. Non esistono dubbi: l’attuale condizione del territorio milanese è il risultato diretto di quasi vent’anni di tali politiche territoriali.

5. La delega alle regioni sulla legislazione urbanistica ha dato luogo alla legge regionale che ha rielaborato l’intero impianto normativo e permette ai singoli comuni di dotarsi di un proprio strumento elaborato ad hoc. Nel caso di Milano sono stati rielaborati e sono in fase di approvazione i tre principali piani: PGT (comunale) PTCP (provincia) PTR (regione).

6. La filosofia degli ultimi vent’anni, e presente anche nei piani in approvazione, consiste nella riduzione del peso dell’ente pubblico all’interno della pianificazione del territorio a fronte di un maggior impegno degli investitori privati, fenomeno che si manifesta nelle seguenti modalità: taglio del bilancio e dell’organico degli uffici di pianficazione (PRG appaltato a studi e consulenti esterni), snellimento delle procedure, riduzione del controllo, interpretazione strumentale degli standard urbanistici, impiego della contrattazione diretta pubblico/privato per ottenere benefici pubblici a fronte di una maggiore libertà del modo con cui i privati ottengono profitti dagli investimenti, disponibilità sul mercato di nuove aree a fini edificatori per incassare gli oneri di urbanizzazione, libero mercato degli affitti e delle vendite, svilimento della funzione calmieristica del mercato operato tradizionalmente dall’ex IACP.

7. Le aree industriali dimesse sono state negli ultimi vent’anni la grande risorsa di sviluppo immobiliare per Milano. Nel limbo prodotto dalla mancanza del nuovo piano a Milano si è operato per progetti separati, con alti indici di edificabilità e delegando ai privati il disegno morfologico. I grandi gruppi immobiliari, che si possono contare sulle punte delle dita, si sono accaparrati tra la fine degli anni ’80 e gli inizi degli anni ‘90 tutte le aree edificabili (e non) ed hanno operato sempre relazionandosi direttamente con i rappresentanti politici. Cioè, in mancanza di strumenti urbanistici adeguati ad un controllo della gestione del territorio, i progetti sono stati contrattati (concertati) direttamente con i rappresentanti politici. Anzi possiamo tranquillamente dire che alcuni dei protagonisti della scena politica degli ultimi anni sono nella maggior parte dei casi espressione diretta o indiretta degli interessi dei grandi gruppi immobiliari.

8. Gli unici conflitti a cui assistiamo sulle pagine dei giornali tra i protagonisti dei diversi livelli amministrativi sono legati alla gestione delle proprietà delle aree. Per esempio quelle della Expo. I consigli delle pubbliche amministrazioni si occupano poco delle problematiche sociali (immigrazione, alloggi, servizi, sicurezza) o ambientali (inquinamento e reti infrastrutturali).

9. Per legittimare questa politica che vincola l’immagine architettonica agli affari sono state chiamate archistar (di dubbia qualità, anzi alcune non sono neanche tali) che stanno sconvolgendo lo skyline della città con grattacieli, oggetti giganteschi senza grazia, enormi Mazinga più adatti alle nuove megalopoli orientali. Niente da fare con la storia del movimento moderno che ha realizzato la città tra gli anni ‘30 e gli anni ’50. L’architettura e il buon gusto non abitano più qui. Le archistar che non si piegano agli interessi immobiliari vengono esonerate.

10. Né il Politecnico, né l’Ordine degli Architetti hanno preso ufficialmente posizioni critiche rispetto ciò che sta accadendo a Milano.

11. Non esiste un libero mercato immobiliare a Milano. Un accordo tra le reti delle agenzie immobiliari che controlla il mercato dell’usato e i grandi gruppi che gestiscono le nuove realizzazioni definisce prezzi, tempi e modalità di vendita in modo che nessun proprietario ci rimetta. La dinamica immobiliare ha solo parzialmente interessato le piccole imprese essendo quasi assenti le possibilità di lottizzazioni a bassa densità. E’ quindi l’oligopolio immobiliare che regna senza contrasto a incassare la maggior parte dei benefici delle grandi operazioni; operazioni che immettono sul mercato a prezzi esorbitanti uffici e residenze di bassa qualità tipologica e tecnologica.
Nessun investimento nella ricerca, nella verietà dei tipi edilizi, negli spazi privati e pubblici ecc., con buona pace degli studi sulla tipologia edilizia e la morfologia urbana, esperienza sperimentale nata proprio nel Politecnico di Milano negli anni ‘70. Buona parte degli alloggi non vengono neanche immessi sul mercato perché rappresentano investimenti finanziari puri e semplici, spesso di provenienza dubbia. Ora che investire in borsa è rischioso prende sempre più consistenza l’investimento immobiliare anche per i piccoli risparmiatori del resto d’Italia. Investire a Milano è più sicuro.

12. In conclusione: il guadagno di pochi si realizza a scapito di tutta la cittadinanza che deve sobbarcarsi non solo l’aumentato costo della residenzialità (prezzi degli alloggi e degli uffici alle stelle) ma dovrà ripartirsi nelle prossime generazioni anche i danni sociali e ambientali prodotti da uno sviluppo senza controllo. Oltre a ricevere in cambio una città decisamente “brutta”.

13. E’ vero che Milano drena risorse finanziarie dal resto d’Italia, ma queste non vengono investite in attività innovative, come era in passato per l’industria e il terziario. Si sa: una società che investe sulla rendita immobiliare anziché sulle attività produttive è una società parassitaria e in declino, il cui motore economico è destinato a perdere potenza, come è dimostrato dal recente declassamento della competitività tra le metropoli europee ed in particolare del settore che la città ritiene più avanzato, quello dell’alta moda.

Antonio Angelillo


Martedi 22 febbraio avrà luogo Chi comanda a Milano, incontro con curatori e architetti sui temi affrontati nell'inchiesta de Il Giornale dell'Architettura.
Casa della cultura, via Borgogna 3 Milano. Dalle ore 21, ingresso libero



Antonio Angelillo (Gorizia, 1961) si è laureato in architettura a Venezia nel 1986, vive e lavora a Milano. Dal 1989 al 1997 è stato redattore della rivista internazionale "Casabella" pubblicando articoli e servizi sui fenomeni che attraversano l'architettura e la città contemporanea. Nel 1994 fonda il Centro Italiano di Architettura ACMA, di cui è direttore.
Organizza in Italia e all'estero con il Centro iniziative per la promozione delle qualità dello spazio urbano e architettonico (mostre, convegni, seminari, workshop, concorsi) coinvolgendo i protagonisti dell’architettura sui temi di attualità e raccogliendo consenso con amministrazioni e istituzioni pubbliche sulla soluzione di problematiche emergenti delle città e del territorio. Dal 1986 svolge attività di ricerca e di docenza in diverse università italiane tra cui lo IUAV di Venezia, il Politecnico di Milano, la Facoltà di Architettura di Ferrara, la Nuova Accademia di Belle Arti di Milano.

Sul suo blog sono raccolti altri testi su argomenti relativi ad architettura e paesaggio

L'inchiesta su Milano e le sue trasformazioni è sul numero di febbraio de Il Giornale dell'Architettura