Attraversare le contingenze allargando le prospettive

08/10/2009
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Random Curating, Société Réaliste

Decostruzione di una pratica. A cura di Matteo Lucchetti

Société Réaliste è un duo o, per la precisione, un'unità cooperativa, con base parigina, composta da Ferenc Gróf and Jean-Baptiste Naudy, che da tempo dà corpo ad una struttura di ricerca artistica applicata che si produce in una molteplicità di oggetti estetici, come opere d'arte, mostre, testi, lezioni, ecc. La loro è una continua decostruzione derridiana in forma estetica dei dispositivi agenti sulla realtà contemporanea, dai paradigmi che regolano le questioni relative e derivanti dalla geopolitica internazionale (EU Green Card Lottery) alle dinamiche finanziarie (Over the Counter), passando per i rapporti esistenti tra trend politici e design della comunicazione (Transitioners). Recentemente apparsi nelle Biennali di Istanbul e Lione, nell'aprile scorso erano tra i partecipanti al convegno sulla pratica curatoriale, “Everybody Talks About the Weather. We Don't”, presso la NABA di Milano, dove hanno fatto riferimento a “Random Curating”, un progetto di riflessione sulle dinamiche della curatela contemporanea, che qui presentiamo sotto forma di documentazione, accompagnata da una conversazione con Société Réaliste.



EU Green Card Lottery: The Lagos File. Carta da parati, tappeti e pittura murale, 5x5x4.8 m. Veduta dell'istallazione, 10th Lyon Biennial, 2009




EU Green Card Lottery. Carta da parati, tappeti e pittura murale, 5x5x4.8 m. Veduta dell'istallazione, 10th Lyon Biennial, 2009




Transitioners: London View. Hold & Freight, Londra, Veduta della mostra, 2009




Transitioners, London View: Colour picker. Geodesic wooden structure, digital prints, 150x150x80 cm, 2009




Transitioners: Le Producteur. Kiscelli Muzeum, Budapest. Veduta dell'istallazione, 2008




Transitioners' Aperiodic Bulletin, No 2. Digital print, 42 x 30 cm, 2008-2009




Transitioners: Le Producteur. Centre d’art contemporain la Synagogue de Delme, veduta dell'istallazione, 2007




Over the counter, veduta dell'istallazione (particolare). Advertisement wallpaper, 12 x 3 m, Buy-Selff Art Club, Marseille, 2009





Tredici mostre in forma random: il workshop


































Il workshop

Nel gennaio 2009 l'Università della Sorbona di Parigi ha invitato Société Réaliste a tenere una lezione in merito alle forme contemporanee della curatela, per gli studenti del Master in studi curatoriali. In risposta a questo invito, Société Réaliste ha concepito il progetto Random Curating, un esercizio processuale per l'immaginazione curatoriale. Per poter essere messo in pratica, Random Curating, richiede almeno due partecipanti, carta e penna, un dado ed un “database” curatoriale.
Per questa prima volta alla Sorbona Société Réaliste ha preso come banca dati l'archivio on line dei comunicati stampa di e-flux. E-flux é, riportando le parole che usano loro stessi per descriversi sul loro sito, un “network internazionale” per “i professionisti delle arti visive” che distribuisce “su base giornaliera” un proprio compendio di notizie – i comunicati stampa degli eventi – relative ad alcune delle mostre, pubblicazioni e simposi più importanti al mondo”.
Però, come in altri casi meno significativi, il servizio è a pagamento, quindi la selezione degli eventi è motivata in primo luogo da un potenziale economico e quanto ne consegue è la monetizzazione del loro valore.
Dalle informazioni di e-flux relative al 2008, Société Réaliste ha estratto casualmente 300 titoli di mostre, 300 luoghi per l'arte contemporanea, 2000 nomi di artisti e 300 citazioni o parole chiave. Stampati su pezzetti di carta, tutti questi dati sono stati messi in quattro buste, ognuna corrispondente alla relativa categoria.
I partecipanti (“random curator”) all'esercizio, dovevano pescare casualmente, in ognuno di questi sacchetti, un titolo di una mostra, una sede espositiva, il numero di artisti (formato dal tiro del dado + 6 artisti), una citazione o un concetto chiave. Rispettando rigorosamente questo materiale casuale, i giovani curatori dovevano scrivere un comunicato per la propria, altrettanto casuale, mostra collettiva. Lo studente ha così dovuto dare prova di comprendere la metodologia, l'economia, la fraseologia, l'ecologia, per dirla in breve, l'arte della composizione di un 'press release', il criterio del successo sulla base della plausibilità della sua bozza finale.

Una conversazione tra Matteo Lucchetti e Société Réaliste

Matteo Lucchetti: “Random Curating” si propone come una sorta di gioco per giovani e promettenti curatori. Questi sono invitati a giocare con la curatela attraverso casuali scelte di artisti, concetti e titoli pescati da un database che si presenta come una specie di storiografia non scritta e informe delle mostre di arte contemporanea. Attraverso questo strumento gli studenti del Master per curatori dell'Università della Sorbona mettono in scena, con le loro stesse mani, una decostruzione di quella materia normalizzata che è la curatela d'arte oggi. Riuscite a vedere “Random Curating” come una risposta a questo recente processo che ha visto un lavoro di stampo intellettuale trasformarsi in una professione con regole scritte e talvolta ineludibili?

Société Réaliste: Random Curating è un esercizio per l'immaginazione curatoriale. La pratica curatoriale è una forma artistica che consiste nel dare forma ad un certo stato interrogativo sotto le spoglie di un ente per le opere d'arte. Non vogliamo rivendicare qui nessun tipo di legittimazione mitologica sulla creazione che gli artisti avrebbero in più rispetto a chi organizza uno spazio. Se mettere insieme nello stesso spazio due oggetti già esistenti per creare una nuova situazione può essere considerato come un'istallazione artistica, mettere insieme due o più opere già realizzate è senz'altro anch'esso una costruzione artistica. I curatori non sono niente di più e niente di meno che artisti che pensano tramite situazioni specifiche per le opere. Se per la storia dell'arte è accettabile che quella dell'artista sia una posizione nata da un altro tipo di lavoro, o mestiere, nella stessa maniera la curatela ha lasciato la posizione di amministratrice dell'arte per diventare qualcos'altro e unirsi con la pratica artistica. Quindi le mostre possono essere giudicate come opere; esistono ottimi e pessimi disegni così come ci sono mostre buone e mostre mal riuscite. Il più delle volte la curatela è contestata come forma artistica perché i curatori non sono abbastanza sottili, perché sono troppo didattici, o perché pensano all'interno di forme stereotipate, seguendo le regole, mancando di forza plastica e di invenzione poetica. Inoltre, le mostre non sono classificate come oggetti “di scambio” all'interno del mercato dell'arte, sebbene alcune collezioni pubbliche abbiano già comprato intere mostre interamente frutto del lavoro di curatori. Ma anche se fossimo in grado di vedere soltanto un'unica mostra ben curata, questa sarebbe già abbastanza per validare la natura artistica di questa pratica. E per finire di rispondere alla tua domanda, essere un artista significa, anche, fare un lavoro intellettuale trasformato in una professione, che il più delle volte ha regole scritte e ineludibili. C'è tanta diplomazia e gestione del consenso nella carriera artistica quanto in quella curatoriale. Benvenuto Cellini ci guarda. Niente limita davvero gli artisti, e i curatori, dall'eccedere le aspettative e andare oltre le strutture riconosciute.

Matteo Lucchetti: Il concept di “Random Curating” implica la possibilità per tutti di essere un curatore “random”, fintanto che il lavoro curatoriale è reso amorfo in quei pochi e semplici gesti – come un lavoro impiegatizio. Questa casualità applicata alla pratica curatoriale è soltanto un modo ironico di leggere la contemporanea normalizzazione di questa pratica, oppure è un'analisi che rivendica una produzione di pensiero legata a quella condizione “freelance” appartenente all'alba di questo lavoro oggi pieno di glamour?

Société Réaliste: Se consideriamo la curatela come una forma artistica, anche i mezzi propri dell'arte possono di conseguenza essere ritenuti validi per questa pratica. “Random Curating” cerca di relazionarsi con un classico problema della pratica artistica, che è la produttività insita nella casualità. Fondamentalmente un curatore sceglie un argomento di interesse sul quale lui/lei ha nuove considerazioni da fare, seleziona le opere che entrano in relazione con questo argomento in molteplici maniere, trova uno spazio per ospitare il suo progetto, articola i lavori per creare una fraseologia curatoriale, e produce così un'equazione specifica per il contesto che risulta nella mostra. Noi abbiamo proposto agli studenti del Master in studi curatoriali dell'Università della Sorbona di invertire questo processo, nella stessa maniera in cui Tzara descrisse la tecnica di scrittura rovesciata per la poesia. Nel suo famoso testo del 1920, “Per fare una poesia dadaista”, scrisse:

"Prendi un quotidiano.
Prendi una coppia di forbici.
Scegli un articolo della lunghezza della quale prevedi di fare la tua poesia. Ritaglia dall' articolo.
Quindi ritaglia ognuna delle parole che compongono questo articolo e mettile in una borsa.
Scuotila delicatamente.
Poi pesca i ritagli uno dopo l’altro.
Copia coscienziosamente dai ritagli nell’ordine in cui questi sono stati pescati.
Il poema ti assomiglierà.
Ed ecco che ci sei - un autore infinitamente originale dall'affascinante sensibilità
sebbene non apprezzato dalla rozza massa"


Il punto, per noi, era in che modo i giovani curatori fossero capaci di produrre un pensiero curatoriale a partire da elementi non selezionabili, e che sembravano essere una contraddizione della definizione propria del lavoro curatoriale. Un curatore sceglie. In “Random Curating”, non volevamo lavorare sulla diplomazia del curatore, sull'ente per gli oggetti d'arte che rappresenta, o su radicamenti teorici, bensì su un discorso relativo alla produzione. Scegliendo casualmente i vari elementi necessari a costruire una mostra collettiva, un luogo, un tema, una lista di artisti ed un titolo, volevamo che gli studenti immaginassero una coerenza e si adattassero a ciò che tu hai chiamato le regole ineludibili. Il curare come un discorso sull'attività produttiva che giace tra la prosa in versi e la comunicazione istituzionale. I risultati del workshop sono stati eloquenti riguardo un processo di normalizzazione contro la produzione di pensiero. La maggior parte dei partecipanti ha scritto testi prevedibili e convenzionali, mescolando concetti da rivista di costume con frasi canoniche ripetute come mantra per l'auto-convincimento. Ma alcuni sono fuggiti dalle forme convenzionali ed hanno usato la loro immaginazione. Il nostro gesto non è stato ironico ma piuttosto di decostruzione, nella stessa maniera in cui quello di Tzara lo è stato verso l'ispirazione poetica. Tzara ha ritagliato le ali di Victor Hugo. Curare è un'attività che sta all'incrocio di due flussi di potere: il potere di organizzare e quello di inventare. In “Random Curating”, abbiamo cambiato questo equilibrio e amputato i partecipanti della loro possibilità di scegliere e di organizzare. L'unica cosa che rimaneva era la possibilità poetica all'interno di una struttura fissata, talvolta assurda, altre volte coerente per pure caso. In molte esposizioni gli artisti sono coloro che forniscono i contenuti per gli algoritmi curatoriali. Questo può funzionare anche in senso inverso: i curatori possono essere utilizzati come costruttori di sintassi per i lessemi degli artisti.

Matteo Lucchetti: Ho sentito dire che spesso si parla del sempre maggior numero di giovani artisti e curatori come di un nuovo genere di 'proletariato' dell'arte, dal momento che il sistema verso il quale questi guardano è incapace di dare lavoro a tali numeri di persone. Questo è ancor più vero per i curatori. Nonostante questo le scuole curatoriali, i corsi e i laboratori in tal senso sono in costante crescita. Come guardate a questo fenomeno?

Société Réaliste: Pensiamo che non si possa guardare alla produzione di arte nello stesso modo in cui si guarda alle altre industrie. E questo molto semplicemente perché non c'è un limite alla domanda. Certo esiste un numero limitato di istituzioni che possano offrire posizioni di lungo termine ai curatori, ma dal punto di vista dell'artista, che non è mai in una condizione “impiegatizia” (se si escludono le attività pedagogiche), ciò non può costituire un problema. La maggioranza delle persone che lavorano in questo campo sono lavoratori indipendenti che vengono pagati molto raramente – cose queste che non riguardavano sicuramente il classico proletariato. Gli scioperi dell'arte non hanno mai suscitato interesse e il Sindacato involontario dei precari imprenditori autonomi non è mai stato costituito, fortunatamente.
Il cosiddetto mondo dell'arte è una caricatura del capitalismo predatore – e le scuole insegnano come integrarlo e preservarlo. Ma ci sembra che questo sia un problema per ragazzini benestanti. Il 60% degli abitanti di questo pianeta è rappresentato da contadini. I traumi della classe creativa non dovrebbero venire amalgamati con la produzione artistica: se un artista ha qualcosa da dire, lo farà, qualsiasi siano le sue capacità produttive, i suoi mezzi di comunicazione, il prestigio della sua posizione, il livello del suo cursus honorum, ecc. Enfatizzare troppo le costruzioni gerarchiche del mondo dell'arte e le iniquità in termini di produzione, è solo un modo per giustificare una presumibilmente “inevitabile” collaborazione attiva. La piramide di potere della lussuosa ed ideologica industria dell'intrattenimento ci appare come un trapianto fatto sulla produzione d'arte. Ma non significa che la inglobi. Soltanto chi è pigro ha bisogno di spendere 200,000,000 dollari per fare un film. O di una biennale internazionale per curare una mostra. Oppure del supporto di un gallerista per fare un disegno. O ancora, di una telefonata dal ministero della cultura per scrivere una poesia. E dopo davvero poco tempo rimangono soltanto i lavori a parlare. Ci importa qualcosa della lista di contatti nel BlackBerry di Tristan Tzara? La storia dell'editoria non è la storia della letteratura.

Matteo Lucchetti: Il database dal quale avete preso le informazioni è l’archivio di comunicati stampa contenuti in e-flux. Un servizio, questo, che rende alle pratiche artistiche contemporanee una sorta di assicurazione - ben pagata - in termini di visibilità, all'interno dell'attuale flusso continuo di mostre. Questo approccio rivolto al mercato dell'informazione, ha conseguentemente una ricaduta sulla possibile recente storiografia delle mostre, di per sé di natura effimera e fragile. Siamo forse di fronte all'ennesimo tentativo di ridefinire, sulla base di parametri capitalisti, le regole di accesso alla storiografia?. Oltre a questo, durante il vostro intervento all'interno di "Everybody Talks About the Weather. We Don't", voi stessi avete anche sottolineato i vostri dubbi in merito ai metodi selettivi impiegati da un progetto come e-flux video rental, che si propone come un “negozio a noleggio gratuito di video, una sala pubblica di proiezione” ed un “archivio di video e di film”. Nella vostra opinione non credete che e-flux stia ridefinendo come più elitari e mercantili, rispetto a come già sono attualmente, i termini di scrittura della storia dell'arte a venire, usando, di contro, parole come gratuito e pubblico?

Société Réaliste: Peggy Googleheim ≠ L'arte di questo secolo.


Tredici mostre in forma random. I risultati del workshop

La prima occasione di mettere in opera questo esercizio è stata possibile presso il Centro Saint-Charles di Arte ed Estetica (Université de la Sorbonne, Parigi), con 13 "random curators" provenienti dal Masters of Curatorial Studies. L'esercizio ha coinvolto la curatela random di:

1)
Garden Utopia
curata da Elodie Stroecken,
presso il Calouste Gulbenkian Cultural Centre, Parigi,
con contributi di Alice Anderson, Channa Boon, Phil Collins, Jan Dibbets, Jimmy Durham, Matias Faldbakken, Hassan Khan, Roberto Lorenzon, Mark Rothko, Haim Steinbach e Fiona Tan,
citazione "Gli artisti concettuali sono dei mistici piuttosto che dei razionalisti. Saltano a conclusioni a cui la logica non riesce ad arrivare. I giudizi razionali ripetono loro stessi. I giudizi irrazionali portano a nuove esperienze. L'arte formale è essenzialmente razionale. I pensieri irrazionali dovrebbero essere seguiti assolutamente e logicamente” (Sol Lewitt).

2)
Social Cooking
curata da Valérie Nivesse,
presso il Von der Heydt Kunsthalle, Wuppertal,
con contributi di Bigert & Bergström, Andreas Golinski, Jenny Holzer, Tim Jackson, Laszlo Moholy-Nagy, Los Carpinteros, de Rijke / de Rooij, Xabi Salaberria, Eckhard Schulze-Fielitz, Frank Thiel, Alvaro Villarrubia e Andy Warhol,
citazione "vivere nel mondo opaco di oggi".

3)
Rabascall Production 1964-1982
curata da Edouard Montassut,
presso il Malmö Konsthall,
con contributi di Sonia Becce & Eloisa Cartonera, Pierre Buraglio, Mary Ellen Carroll, Mark Dziewulski, Paul-Armand Gette, Jane Kaufman, Roy Liechtenstein, Rory Macbeth, Cornelia Parker e Elizabeth Price,
citazione "identità in transito".

4)
Try Again. Fail Again. Fail Better.
curata da Camille Lenglois,
presso il CAPC musée d'art contemporain, Bordeaux,
con contributi di Bill Culbert, Layla Curtis, Nathalie Djurberg, Florian Hecker, Aniko Lorant, Arno Peters e Agnès Varda,
citazione "l'immaterialità della società contemporanea, l'invisibilità del lavoro e l'emergenza di un'economia di network globali”.

5)
Stray Alchemists
curata da Mariela Muñoz,
presso il Solomon R. Guggenheim Museum, New York,
con contributi di Julieta Aranda, Ann-Sofie Back, Elisabetta Benassi, Jim Isermann, Christian Jankowski, Kerstin Kartscher, Julia Langley e Thomas Locher,
citazione "le possibilità per gli individui e i collettivi di compiere un cambiamento all'interno del vigente sistema sociale".

6)
Mes nuits sont plus belles que vos jours
curata da Lionnel Gras,
presso Stills, Edimburgo,
con contributi di Nina Edge, Annatina Graf, Daniel Guzman, Pierre Huyghe, Carter Kustera, Ree Morton, Mladen Stilinovic e Artur Zmijewski,
citazione"la neo-avanguardia dell'est Europa".

7)
The Puppet Show
curata da Ignacio Cabrero,
presso il Canadian Centre for Architecture, Montreal,
con contributi di Nick Andrews, Olaf Breuning, François Bucher, Duck Hyun Cho, David Clarbout, Guillaume Leblon, Leda Papaconstantinou, Yngvild K. Rolland, Raša Todosijevic, Susan Turcot, Lawrence Weiner e Heimo Zobernig,
citazione"risposta collettiva alle nozioni di Messianismo".

8)
Capital + Code
curata da Priscilla Marquez,
presso il Lismore Castle Arts
con contributi di Wojciech Bakowski, Bernard Guillot, Pierre Huyghe, Hannes Larusson, Sharon Lockhart, Rachel Mason, Sabine Réthoré, David Russo e Fabien Verschaere,
citazione "la relazione tra l'iconoclasma religioso, i gesti iconoclasti e le strategie nell'arte moderna e contemporanea”.

9)
Medium Religion
curata da Marion Revol,
presso il CCA Wattis Institute for Contemporary Arts, San Francisco,
con contributi di Jonghak Kim, Ryan McGinley, Stephen G. Rhoades, Angela Reginato, Thomas Ruff, Christoph Schlingensief, Michael Schuster, Jim Shaw, Seth Siegelaub, Dominika Skutnik, Pascale Wiedemann / Daniel Mettler e Lucy Williams,
citazione "un'ampia comprensione del lavoro culturale".

10)
The Published Image
curata da Kusuk Yun,
presso il Centro Cultural Montehermoso Kultutunea, Vitoria-Gasteiz,
con contributi di Dias & Riedweg, Rico Gatson, José Iraola, Ricardo Jacinto, Joan Jonas, Marcel Märien e Yoko Ono,
citazione "arte performativa che indaga le questioni di genere".

11)
Can you find happiness?
curata da Emile Ouronov,
presso il Musée départementale d'art contemporain de Rochechouart,
con contributi di Darren Banks, Pierre Bismuth, Matti Braun, Alain Josseau, Gudjón Ketilsson, Curtis Schreier e Herbert Zangs,
citazione "come costruisce, la guerra, posizioni specifiche per gli individui da soddisfare, agire, dalle quali parlare o resistere?

12)
Ottantadue movimenti / Eighty-two movements
curata da Sérine Douib,
presso lo Scottsdale Museum of Contemporary Art (SMoCA),
con contributi di Vanessa Beecroft, Willie Birch, Lieven de Boeck, Lonnie van Brummelen & Siebren de Haan, Manfred Erjautz, Jean-Pascal Flavien, Metahaven, Jorge Peris, Matthew Ritchie, Jane Simpson, Mona Vatamanu & Florin Tudor e Sergio Vega,
citazione "i confini tra Fluxus, Arte Concettuale ed Happening

13)
The Temporary Zones
curata da Dorothée L'Hérisson,
presso il Museum für Moderne Kunst (MMK), Francoforte,
con contributi di Claude Cahun, Minerva Cuevas, Lucinda Devlin, Tom Holert, Oswaldo Macia, McCallum & Tarry, Priscilla Monge, Gregor Schneider, Roman Signer, Pat Steir e Emily Wardill,
citazione "capitalismo informativo".

 


Matteo Lucchetti è attualmente in residenza ad Utrecht presso il BAK - Basis voor actuele kunst. Laureato in Storia dell'arte contemporanea all'Università degli Studi di Firenze, sta ultimando la specializzazione presso il biennio specialistico in Visual Arts and Curatorial Studies di Naba. Dal 2006 collabora con Marco Scotini. E' curatore indipendente e scrive su riviste di settore


Lo speciale su Everybody talks about the weather. We don't

Ventuno giovani curatori per un convegno che si è interrogato sulle possibili relazioni tra istituzioni, potere e curatela, inoltre alcune opinioni di Viktor Misiano, Dorothee Richter, Jens Hoffmann, Chus Martinez, Marco Scotini, Lars Bang Larsen, Hans D. Christ e Charles Esche.