Attraversare le contingenze allargando le prospettive

17/12/2008
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Interrogativi









Yane Calovski





Lise Nellemann





Ivana Madariova e Oyku Ozsoy





Tadej Pocagar





Vjera Borozan, Luana Perilli, Ivana Madariova e Oyku Ozso











Politiche, la mostra Multilogue






















Conversazione con Yane Calosvki, Lise Nellemann, Oyku Ozsoy
a margine della conferenza Politiche a 26cc – Roma, 25-26 novembre 2008

Durante i mesi di gestazione di Politiche tutti noi di 26cc avevamo chiara una cosa più delle altre. Non volevamo fare un semplice meeting con spazi non profit incontrandoci solo nelle tre giornate romane. Non ci interessava assolutamente questa pratica, piuttosto volevamo a tutti i costi cercare di stabilire dei rapporti con questi spazi invitati mesi prima.
L’idea è stata quella di cercare un terreno comune, una base, qualcosa insomma da cui poter partire, anzi qualcosa da approfondire. Le tre giornate di incontri sono servite a concentrare così le attività non semplicemente in una presentazione che, ai fini di una eventuale collaborazione era certamente utile ma in verità già posta in essere, quanto piuttosto a cercare di vedere quali fossero gli elementi in comune. Per fare questo si è pensato di iniziare un vero e proprio rapporto epistolare con loro, piccole domande, quesiti che noi per primi ci ponevamo e che avevamo interesse fossero approfonditi anche da loro.
Quindi domande che avevano come criterio base quello di sviscerare ulteriormente le caratteristiche e le proprietà di ogni spazio, anche e soprattutto in relazione con gli altri. Per rendere anche il primo incontro non un semplice momento di conoscenza ma anzi, se possibile di riconoscibilità gli uni con gli altri.
Abbiamo stimolato la discussione lanciando degli spunti argomentativi che sono diventati il punto di partenza per un discorso, un'indicazione utile e pratica per ogni ulteriore sviluppo di questo incontro. Più che cercare delle risposte alle nostre proposte, abbiamo potuto constatare come – entrando in merito ai macro-argomenti dell’agenda culturale europea come lo scambio, l’identità, la cooperazione, si ottengono soprattutto nuove domande e interrogativi. Proprio da questi si partirà per prospettare nuovi sviluppi dell'incontro di Roma.

I contributi che pubblichiamo oggi – a tre settimane dal termine dell'incontro – sono le riflessioni da parte di alcune delle persone coinvolte nella conferenza, Yane Calovski, Lise Nellemann, Oyku Ozsoy, rispetto al primo filone di domande che gli abbiamo sottoposto.

Ecco un estratto della conversazione, in questo PDF la versione integrale delle risposte.

In uno stato di cose attuale che permette ed incoraggia la cooperazione e lo scambio tra constesti e luoghi differenti, sentiamo il bisogno di fare il punto su ciò che già accade e cercare di capire come queste dinamiche possano essere ridisegnate e rioerientate in una logica di pratiche condivise tra soggetti differenti all'interno del mondo dell'arte, includendo gli spazi no-profit ed indipendenti come i nostri, che sono quelli che più operano nel settore della ricerca e della diffusione delle arti piuttosto che partecipare al suo grande circus economico.
Per questa prima parte della nostra discussione, mi piacerebbe che voi descriveste le caratteristiche dei contesti in cui state lavorando, è qual'è il vostro contributo.

 

Lise Nellemann, Sparwasser HQ, Berlino: Per rispondere a questa prima domanda vorrei inserire un documento "esposto" durante e dopo la conferenza. Durante i suoi otto anni di attività, il confronto-conversazione è stata una delle caratteristiche operative di Sparwasser HQ, in ogni sua possibile sfumatura: mostrando opere che permettono una conversazione con il pubblico, dando alle persone la possibilità di parlare con gli artisti, organizzando eventi che raggiungono la gente. Nei suoi primi otto anni Sparwasser HQ ha acquisito una certa identità, ma nulla che possa essere descritto in termini formali o di metodo.
Dal luglio del 2008 Sparwasser HQ ha lasciato il suo spazio. È ancora uno spazio d'artista, ma non più legato ad una sede, ad un luogo fisico. Questo è sembrato una buona ragione per dare un'occhiata più da vicino alla metodologia che si era cristallizzata nel corso degli anni nell'ambito della vecchia sede, e formularla in modo che possa adattarsi anche ad altri spazi, una maniera che non prende una piega specifica come punto di partenza o che necessita di una location nel senso tradizionale del termine.

Come la vostra pratica si relaziona - e qual'è il suo impatto - sulla vita culturale della vostra città?

Oyku Ozsoy, Platform Garanti, Istanbul: Istanbul ha una popolazione di circa 14 milioni di abitanti. La rapida crescita della città causa cambiamenti drastici nelle strutture sociali, economiche, spaziali e psicologiche. In particolare, il flusso costante dell'immigrazione nazionale dalle aree rurali del paese a partire dagli anni '70 ha accresciuto la pressione sulla densità abitativa della città. Inoltre, mentre la Turchia ha intrapreso il processo per entrare nell'Unione Europea e Istanbul sarà la capitale europea della Cultura per il 2010, il panorama urbano e sociale è nettamente cambiato - da quartieri piccoli ed intimi ai distretti e centri commerciali, alberghi di lusso e aree recintate che hanno creato un paesaggio artificiale ed alienato dalla sua natura di spazio pubblico.
Questi cambiamenti radicali hanno avuto un effetto sulla vita culturale della città. Prima della fine degli anni '80 la vita culturale ad Istanbul era limitata ad artisti locali e mostre organizzate nelle gallerie. La Biennale ha segnato una svolta e la città è divenuta più incline a sviluppare relazioni con la comunità internazionale dell'arte.
Dato che gran parte dei soldi pubblici per la cultura vengono spesi per la conservazione del patrimonio storico in funzione del turismo, il maggior supporto per l'arte contemporanea viene dal settore privato, con le banche in prima linea, le imprese e le persone. Le banche hanno prima aperto delle gallerie, poi dei centri operativi e dal 2000 in poi stanno investendo nella creazione di veri e propri musei. Questa forte relazione tra gli interessi delle imprese private e l'arte contemporanea contiene in sé il pericolo di un branding della cultura all'interno di una logica aziendale.
Quindi gli artisti che sentono una forte esigenza di indipendenza e di una struttura non istituzionale hanno aperto nuovi spazi negli ultimi anni, per creare una collettività a partire da iniziative individuali.

Yane Calovski, Press to Exit, Skopje: Press to Exit Project Space ha aperto nel 2001 grazie ad un grant ricevuto dallo Swiss Cultural Programme. Abbiamo sviluppato il nostro progetto per incoraggiare produzioni curatoriali e artistiche orientate alla ricerca e alla collaborazione, per dare vita ad un network attivo a livello regionale. Abbiamo anche voluto mettere in atto nuove produzioni che potessero farci partecipare allo sviluppo continuo della scena indipendente dell'arte a Skopje (il termine indipendente è una sorta di ossimoro, poiché è in interdipendenza tra un supporto statale ed uno privato. Ma scommetto che è lo spirito di curiosità e l'ideologia a separare le piccole organizzazioni non governative dalle istituzioni statali come i musei).
Comunque, in un clima di transizione politica, economica e culturale, la Repubblica di Macedonia, dalla sua indipendenza dalla Federazione jugoslava nel 1992, è stato un luogo dove le imprese culturali sono state finanziate dai programmi di supporto per la cultura provenienti dall'occidente (Soros, Pro Helvetia, ECF, l'Unione Europea). Noi siamo emersi sulla scena nel 2004, in poche parole in un momento in cui il sistema stava cambiando e la mancanza di un programma focalizzato sull'arte contemporanea e sulla curatela non poteva più essere ignorato. Il grant che abbiamo ricevuto, anche se modesto in termini quantitativi, ci ha permesso di esistere e di essere attivi per un periodo di quattro anni che terminerà a gennaio 2009.

Credete che lo scambio culturale contribuisca alla creazione di una "cultura europea"?

Oyku Ozsoy: Pıuttosto che rispondere direttamente a questa domanda, ne potremmo fare un'altra: "qual'è l'idea di una cultura europea?" sul sito web del Parlamento Europeo questa viene descritta come "un'idea bilanciata nel rispetto delle diversità di culture in Europa e la tolleranza e comprensione inter-culturale". Suona molto bene, senz'altro, ma funziona davvero?

Yane Calovski: Ci si aspetta molto dallo scambio culturale, all'interno del processo continuo di unificazione ed espansione dell'Unione Europea. È una strategia in corso, ed è interessante la retorica associata con l'agenda politica manifestata con il nome di "scambio culturale".

Qual'è la vostra esperienza della cooperazione?

Lise Nellemann: ...dalla cooperazione si può imparare, si possono fondere le azioni e moltiplicare le capacità, migliorare la propria infrastruttura, guadagnare territorio, ingrandirsi sul pubblico e sulle risorse, si può arrivare ad un numero sempre maggiore di persone e sostenere una competizione con istituzioni ed eventi più su larga scala.

Yane Calovski: "l'arte contemporanea sta diventando sempre di più un altro settore obbediente alle regole dell'industria dell'intrattenimento capitalista", come ha osservato Seth Siegelaub.
Gli spazi non profit ed indipendenti non sono immuni a questa evenienza, e veramente, nessuno lo è. Ma ciò che è incoraggiante è il fatto che attraverso la cooperazione stiamo provando a delineare possibili nuovi sviluppi dei ruoli dell'artista, del curatore, dell'istituzione, verso una più forte sperimentazione, verso un più forte spirito critico che possa analizzare e lavorare su problemi che necessitano di una risposta.

Oyku Ozsoy: La cooperazione è un aspetto importante della nostra attività. Per esempio nel 2006 Platform è stata invitata come ente non profit a partecipare con Collecting Point all'interno di Frieze Projects presso Frieze Art Fair, chiedendo ad una serie di organizzazioni amiche se fossero state interessate a donare pubblicazioni per la libreria di Platform. Furono donati più di tremila libri, e molte di queste organizzazioni hanno continuato a mandarci materiale da inserire.

La geografia attuale può essere il presupposto a una possibilità concreta di modello culturale distribuito?

Lise Nellemann: Credo che il modello sia una cosa molto difficile da elaborare, e credo che il consenso sia poco salutare per un discorso a lungo termine sull'arte. D'altra parte, la geografia dell'Europa è così varia che il modello si renderebbe necessariamente spaziale e quindi piacevole per lavorare.

Oyku Ozsoy: Invece di pensare ad un modello concreto di cultura all'interno dell'Europa, è importante supportare un sistema che permetta ed incoraggi le persone a coabitare con le differenze, viverle, tollerarle, e voler esserne parte.

Yane Calovski: Mi piacerebbe capire se si può applicare la definizione di una "nozione progressiva dello spazio" così come la offre Dareen Massey nel suo testo A Global Sense of Place quando ci incoraggia a pensare come partecipare a luoghi "costruiti al di fuori di una particolare costellazione di relazioni sociali".

 

Hanno partecipato alla conferenza del 26 novembre 2008:
Binna Choi – Casco Office for Art, Design and Theory, Utrecht
Tadej Pogacar – Center in Galerija P74, Lubiana
Oyku Ozsoy – Platform Garanti, Istanbul
Yane Calovski – Press to Exit, Skopje
Ivana Madariova – SPACE, Bratislava
Lise Nellemann – Sparwasser HQ, Berlino
Vjera Borozan – Tranzit, Praga

La mostra MULTILOGUE rimarrà aperta fino al 31/12/2008. Per richiedere la cartella stampa dell'evento, scrivete a politiche@26cc.org


26cc spazio per l'arte contemporanea
Via Castruccio Castracane, 26 Roma
Tel. 06 9818 2991
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Michela Gulia ha collaborato all’edizione di questo Argomento