Castello Estense
Ferrara
piazzetta del Castello
0532 299233 FAX 0532 299279
WEB
Corpo/Segno/Superficie
dal 31/3/2007 al 8/4/2007
Inaugurazione ore 17
WEB
Segnalato da

Associazione Culturale Ferrara Pro Art




 
calendario eventi  :: 




31/3/2007

Corpo/Segno/Superficie

Castello Estense, Ferrara

Una rassegna di arti visive in uno spazio di prestigio, per consentire agli artisti di proporsi in un periodo di notevole afflusso di visitatori e turisti. Esposte le opere di artisti, sia nazionali che stranieri, differenti per background e sensibilita'.


comunicato stampa

Rassegna di arti visive

Ferrara, Castello Estense: al via “Corpo/Segno/Superficie”, rassegna di arti visive che raccoglie opere di 46 artisti, tra cui Jadom, Giovanni Carlo Rocca e Fernando Leal Audirac. La vernice, in programma domenica 1 aprile, alle ore 17.00, sarà preceduta dalla performance di arte-danza e poesia “Oggetti di uso comune”, a cura di Carlo Rossi e Alfonso Gadda.

“Corpo/Segno/Superficie”: è questo il titolo della rassegna di arti visive in pro­gramma dal 1° al 9 aprile 2007 nella suggestiva cornice delle Sale degli Imbarca­deri del Castello Estense di Ferrara. Organizzata dall’Associazione Culturale Ferrara Pro Art in collaborazione con la Galleria d’Arte Contemporanea Sekanina e patrocinata dalla Provincia e dal Comune di Ferrara, la mostra “Corpo/Segno/Superficie” rimanda, già nel nome, a tre concetti e tre realtà concretizzanti l’espressione artistica a tutto tondo, di ogni epoca e tempo.

Oggi come in passato le arti visive si oggettivizzano attraverso la fusione dello spazio col tempo psichico, cancellando la distinzione tra finito e infinito, tra mondo esterno e mondo interno, attraverso la formazione della materia, tanto bramata dagli alchimisti. Questa rassegna, dando un dignitoso spazio anche alla tridimensionalità dell’espressione artistica, vuole esplorare la “profondità o dimensione del nascosto”, aprendo un valico trasversale sul contemporaneo, liberato dalla costrizione rappresentativa e affidandosi al sentire piuttosto che al vedere, secondo gli insegnamenti di Paul Klee. Il tutto aggiornato anche alle nuove manifestazioni espressive arrivate con l’ingresso delle tecnologie nell’arte. Un viaggio di riflessione e di conoscenza, vissuto attraverso la partecipazione attiva della mano artistica, del corpo, dei suoi segni, nella loro più effettiva e coinvolgente realtà/spazio o superficie che dir si voglia.

Ad essere esposte saranno le opere di 46 artisti: Isabel Carafi, Niki Niki, Vittoria Marziari, Sylvia Loew, Catemaggia, Irma Paulon, Stefania Zini, Marco Nones, Marco Canova, Silvia Fossati, Vincenzo Armato, Luisa Borin, Alessandra Benini, Marco Cavazzini, Luigi Cervone, Fab3 (Fabio Sangalli), Cristina Carusi, Mauro Salvetti, Laura Micheli, Lucio Oliveri, Liliana Bordoni, Giovanni Carlo Rocca, Nicola Bettale, Maya Zignone, Gavino Ciarula, Jasmina Ilic, Monica Marioni, Guido Averna, Antonella Sassanelli, Giuseppe Conte, Giacomo Sampieri, Veronique Massenet, Giuseppe Denti, Francesco Dau, Jadom, Anna Galli, Ilaria Mugnaini, Andrea Zannoni, Davide Silipo, Fernando Leal Audirac, Laura Rondanini, Vincenzo Pennacchi, Elisa Macaluso, Paolo Vaccai, Gabriele Pellegrini e Stefania Sbarbati.

Un’attenzione particolare meritano gli italiani Jadom, Giovanni Carlo Rocca e Catemaggia e il messicano Fernado Leal Audirac. La matrice culturale delle opere di Jadom è evidente: l’action painting di Jackson Pollock. Non a caso sono due “incontri” con la figura di Pollock - il primo, nel 2001, a una mostra, il secondo a Genova, nel 2003, in occasione dell’anteprima del film “Pollock” - a scandire la strada artistica di Jadom, la cui pittura non nasce sul cavalletto: quando dipinge, infatti, Jadom si stende sul pavimento ed entra in uno stato di trance che lo porta a diventare parte integrante dell’opera.


Con la sua arte, Jadom ci rivela ciò che l’artista vive nell’atto della creazione: armonia, identità di conscio e inconscio. L’artista dipinge in virtù di una forza che sfugge alla sua riflessione: una forza che lo ispira e lo trascina, quasi contro la sua volontà, ad esprimere ciò che la sua intelligenza consapevole non riesce a comprendere. Ecco quindi che la definizione che più si addice all’arte di Jadom è quella coniata da Harold Rosenberg, scrittore, filosofo e critico d’arte (1906-1978) in relazione all’action painting: “L’innovazione apportata dalla pittura di azione […] è il gesto che si coagula nel segno. L’artista sostituisce la rappresentazione con la partecipazione”. Opere come “Sinfonia”, “Mistero e visione”, “Il gioco della Dama” o “La Danza del Deserto”, che nascono da un diffuso senso di angoscia e disagio, si compongono di macchie di colore, a creare una trama apparentemente caotica e un ritmo frenetico, raffinato e dinamico: in realtà nella pittura di Jadom troviamo interessanti riferimenti ripetitivi che richiamano la “teoria dei frattali” elaborata da Taylor in riferimento a Pollock. Secondo questa teoria, ogni piccola parte possiede una struttura molto simile a quella dell'insieme (proprietà dell'auto-similarità): nel caso di Jadom ci troviamo di fronte a un artista che ha trovato nel gesto e nell’amore l’espressione di se stesso e che può essere assunto a frattale dell’umanità intera, in quanto parte che racchiude già il tutto.

Anche l’arte di Giovanni Carlo Rocca, come quella di Jadom, è il frutto di un incontro: in primo luogo, con i grandi maestri del passato - da Michelangelo a Caravaggio - con le cui capacità tecniche ed espressive Rocca familiarizza, da giovane, al Liceo Artistico e all’Accademia di Belle Arti di Torino, e, da adulto, lavorando come restauratore. In secondo luogo con artisti come Sergio Saroni, V. Gatti e F. Franco. Ma l’arte di Rocca non è semplice mimesi: se i riferimenti al passato sono evidenti nelle figure e nelle tematiche proposte, moderne e originali sono la lettura e la trasfigurazione delle stesse. Le sue opere sono realizzate sempre su grandi dimensioni e su tematiche esistenziali e socialmente coinvolgenti: basti pensare alla tela “Il Quinto Stato” e al polittico “Mandala”. Come ha affermato la critica d’arte Francesca Mariotti: “Le immagini di Rocca sono dirette esternazioni di un animo attratto dalla bellezza e dall’arcano, dal mistero della vita, dall’effluvio delle emozioni che apparentano la realtà al mito. Un animo che sa recepire ogni esperienza rivelando racconti dalle trame pittoriche trasfigurate in visioni complesse, con un’intensa vitalità espressiva”. La stessa Mariotti ha paragonato le tele di Rocca a “uno scrigno, contenitore di emozioni e informazioni sempre più profonde” e a “un microcosmo, in cui leggere un’infinità di input per una presa di coscienza ed una maggiore capacità critica su noi stessi e sul mondo che ci circonda”.

Notevole è anche l’opera di Catemaggia, alias Caterina Maggia: con i suoi collage e le sue concentrazioni di immagini, “rubate” al mondo che ci circonda, l’artista vicentina obbliga le persone a prendere coscienza di eventi ed emozioni forti e vicini. Grazie all’arte di Catemaggia, la nostra attenzione, spesso distratta dalle mille incombenze della vita di tutti i giorni, viene scossa e posta davanti all’evidenza di ciò che nel mondo esiste: guerre insensate, solitudine ed emarginazioni. L’artista diventa così vate di un mondo che il nostro sfrenato egoismo sta pilotando verso la distruzione: non a caso c’è chi ha usato la metafora del “caleidoscopio dell’umana sofferenza” per descrivere l’arte di Catemaggia.



In ciò è possibile vedere l’eredità e la continuazione del movimento Dada e, in parte, della Pop Art, intesa come denuncia provocatoria di intollerabili realtà politiche e sociali, nonché dalla poesia di Apollineare.
Passando agli artisti stranieri, il messicano Fernando Leal Audirac è un pittore che ama la provocazione e che parte dalle regole per violarle: la sua sfida consiste nel far incontrare lo spazio, il segno e, da ultimo anche la plastica. Come testimoniano i suoi celebri rilievi intrinseci alla pittura, le sue opere sono “totali”, nel senso che si tratta di creazioni organiche: sotto e sopra, destra e sinistra, sfondo e superficie sono egualmente importanti. Per usare le parole di Maurizio Vitiello, celebre curatore di mostre, lo spazio delle tele di Leal Audirac è dominato dal “senso mitico della realtà”: una realtà fatta di paesaggi informali, splendide e sagaci visioni oniriche e d’insieme, scenografie ripulite da metropoli, macchie ed ambientazioni di scenari. Insieme, artista e fruitore compiono un viaggio di ricognizione dell’animo umano, fra inquietudini e contraddizioni, analizzate con sguardo attento, a volte ironico, ma sempre affascinato.

L’evento sarà preceduto da performance di arte-danza e poesia, a cura di Carlo Rossi e di Alfonso Gadda, meglio noto come il Poeta della Notte. Per quanto concerne Rossi, “Oggetti di uso comune” - questo il nome della sua performance - non fa che confermare la sua nomea di esteta della quotidianità: l’idea è quella di tracciare nello spazio, al ritmo della musica, dei contorni di colore, a suggerire una sorta di “effetto neon”, unico nel suo genere. Le forme create da Rossi evocano immagini, emozioni e ricordi che variano da persona a persona: il suo grande talento consiste nel seguire il suo istinto creativo, traducendo le armonie musicali in opere ricche di intensità.

Inaugurazione: domenica 1 aprile 2007, alle ore 17

Castello Estense
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