Attraversare le contingenze allargando le prospettive

02/07/2009
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Punto a capo


Una nuova rivista pensata e condotta da curatori che, come spiega la direttrice Ilaria Marotta, "nasce dalla voglia di rimettersi in gioco" e dall'incontro con figure provenienti da differenti parti del mondo, con esperienze e storie da raccontare, che affrontano in diversi contesti temi ricorrenti.
E' cura. a cui piace "il contrasto tra l'appeal di una rivista molto curata, ricca di contenuti critici importanti e il fatto che si tratti di un free press". Un magazine che vuole avere un'ampia prospettiva storica e trasversale, essere casa editrice ed agenzia di comunicazione integrata, uno spazio nel quartiere Prati a Roma e un luogo aperto al coworking. Punto a capo.



Lancio pubblicitario del n. 00 di cura.artmagazine


Cover del n. 00 di cura.artmagazine: Avish Khebrehzadeh, The Troubled Fool, 2009





Cura.artmagazine tra altre riviste. Cover del n. 01: Manfredi Beninati, Senza Titolo, 2009





Rirkrit Tiravanija, Bookshop, 2009, rendering. Palazzo delle Esposizioni, Giardini, Venezia. Courtesy: Fondazione La Biennale di Venezia





Massimo Bartolini, Spazio Educational, 2009, rendering. Palazzo delle Esposizioni, Giardini, Venezia. Courtesy: Fondazione La Biennale di Venezia





Tobias Rehberger, Bar Caffetteria, 2009, rendering. Palazzo delle Esposizioni, Giardini, Venezia. Courtesy: Fondazione La Biennale di Venezia





L'ingresso dello spazio.cura





Spazio.cura, veduto dall'interno





Ilaria Marotta





Sezione della nuova Whitechapel. Courtesy: Whitechapel Gallery, London





Whitechapel Gallery a Londra, veduta dall'esterno





Intervista con Ilaria Marotta
Direttore editoriale di cura.artmagazine

A cura di Silvia Maria Rossi

cura. artmagazine nuovo free press bimestrale dedicato ai temi d'arte e di cultura contemporanea, si pone come nuova piattaforma di discussione ed indagine sulla produzione artistica più attuale. Vuoi raccontarmi come nasce?

Come afferma Miltos Manetas in una recente intervista, è il senso di frustrazione che fa nascere le idee migliori. Quando le carte si rimescolano, i più intraprendenti si incamminano verso nuovi percorsi, cogliendo l’opportunità del nuovo che solo gli imprevisti offrono.
 Credo che talvolta i sentieri più netti risultino i più insidiosi, perché sotterrano creatività, capacità di fare e di ragionare in termini autonomi. cura. nasce quindi dalla voglia di rimettersi in gioco.
Nasce inoltre da un network di curatori creatosi lo scorso ottobre a Londra in occasione di un curators showcase, organizzato dal British Council, a cui ero stata invitata, che mi ha messo in contatto con una rete di curatori provenienti da diverse parti del mondo, ognuno con esperienze e storie da raccontare, temi e argomenti da condividere.
L’idea della rivista è arrivata quale naturale conseguenza di quella esperienza, dalla voglia di non interrompere il dialogo aperto con loro o con altri giovani critici e curatori che lavorano e affrontano in diversi contesti temi ricorrenti.
Se parliamo invece di origini remote, cura. nasce da una casa piena di libri e dai buoni insegnamenti, primo fra tutti quello di non mollare mai…

Qual è il concept che sta alla base di questo nuovo progetto editoriale?

Il concept della rivista è tutto racchiuso nel suo nome.
“cura.” significa molte cose (e con questo rispondo anche alla tua domanda successiva n.b. “Quale significato si cela dietro al nome: cura?”). Anzitutto avere un atteggiamento “curato”.
Rappresenta un modo di essere e di intendere ciò che si fa. Il magazine è pensato in ogni dettaglio, dai contenuti, all’equilibrio dei contributi e delle rubriche, alla veste grafica e al formato che deve rendere la lettura piacevole. Inoltre riguarda l’idea di una formazione curatoriale che include tutti i collaboratori che scrivono per il magazine.
Ognuno di noi mette sul piatto della bilancia esperienze dirette con questo lavoro, con il rapporto con gli artisti, con dinamiche e problematiche consolidate nella professione curatoriale, sia che questa sia stata svolta in ambiti istituzionali, sia che si svolga quotidianamente in situazioni meno strutturate, dove alla sensibilità critica si unisce la capacità di essere registi di un progetto e fini conoscitori del contesto in cui ci si muove. In termini più generali l’idea di cura. è di rivolgerci ad un network di curatori internazionali, con cui creare relazioni.
L’idea di aprirsi a nuovi dibattiti, a nuove frontiere geografiche e tematiche, ma anche ad approfondimenti, concentrandoci non solo sull’hic et nunc, su ciò che avviene nel momento stesso in cui parliamo, ma rivolgendoci ad una prospettiva storica e trasversale più ampia. Infine vi è una “zona franca” molto importante nella rivista, che è la cover.
Ogni copertina viene intesa come vero e proprio luogo di espressione per artisti internazionali che vengono invitati a realizzare un progetto ad hoc per noi. Malgrado si tratti di artisti già piuttosto affermati nel panorama artistico contemporaneo, la maggior parte di loro non si è mai confrontata con la realizzazione di una copertina e prende la questione molto sul serio. Le nostre cover hanno già fatto di cura. un cult da collezionare.

Chi sono i fondatori di cura. artmagazine e da quali esperienze arrivano?

Proveniamo da diverse esperienze. Il direttore creativo Andrea Baccin, arriva dall’advertising e dalla comunicazione, con un’esperienza decennale quale art director in Saatchi & Saatchi, Ogilvy & Mather ed altri. Mentre io provengo da una precedente esperienza quale responsabile della sezione di arte contemporanea di Treccani Enciclopedia Italiana, e da importanti collaborazioni curatoriali sviluppate sia in ambito istituzionale (MACRO, Museo d’Arte Contemporanea Roma e ARCOS, Benevento), sia come curatore freelance (nel 2004 con un gruppo di altre persone, tra cui Maria José Mora, parte anche lei della cooperativa editoriale, abbiamo dato vita alla Moving Gallery, il primo progetto curatoriale indipendente, volto alla progettazione di un’attività espositiva itinerante, in luoghi diversi della città e sul tessuto urbano).
Orsola Mileti e Massimiliano Maccari provenienti anche loro da esperienze maturate nell’ambito del Museo d’Arte contemporanea di Roma sono rispettivamente il nostro capo redattore e il coordinatore della logistica e della distribuzione.
Inoltre gravitano attorno a cura. artisti e curatori internazionali coinvolti come corrispondenti dall’estero o come responsabili delle diverse rubriche, tra questi Dobrila Denegri, Elena Giulia Rossi, Mirene Arsanios, Marina Sorbello, Michele Trimarchi, Federica La Paglia, Sabrina Vedovotto, Costanza Paissan e molti altri che cominceranno a collaborare dal prossimo numero.

Oggi più che mai sono molteplici le modalità di comunicare, fare approfondimenti, stimolare riflessioni, supportare ricerche. Perché la scelta del format 'free press' ?

Essere un free press significa avere anzitutto un approccio aperto e democratico, dando a tutti la possibilità di leggerci. Inoltre riteniamo che questo ci consenta di avere una distribuzione molto più ampia.
In un Paese in cui si legge sempre meno e in cui si acquistano sempre meno giornali, sarebbe stato un azzardo inserirsi in un mercato come quello delle riviste a pagamento. La cultura rende poco ma questo è uno stimolo ulteriore a cercare canali per sviluppare progetti di qualità.
Ci piace il contrasto tra l’appeal di una rivista molto curata, ricca di contenuti critici importanti e il fatto che si tratti di un free press. Si tratta di un fenomeno in crescita nel nostro Paese che vede sul mercato progetti editoriali di qualità sempre migliore scegliere la veste del free magazine.

Esiste qualche rivista storica o qualche movimento artistico che è stato in qualche modo una fonte di ispirazione per l'impostazione e l'approccio di cura.artmagazine o è un prodotto nel quale convogliano sinergicamente le esperienze individuali di chi collabora al vostro progetto?

Direi la moltitudine di libri, di giornali e di riviste lette, non sempre e non solo di arte contemporanea; esperienze fatte, arte vista e curata, viaggi e fiere, persone incontrate, discussioni fatte al bar. Tutto questo è stato per noi fonte di ispirazione.
La nostra cultura si infarcisce di milioni di stimoli ogni giorno. Se devo dare dei riferimenti, uno stimolo certamente importante ci è stato dato da “Internazionale”, il cui direttore, Giovanni De Mauro, è stato un prezioso consigliere in una fase iniziale del progetto (dare buoni consigli perlopiù disinteressati ci siamo accorti non essere pratica molto diffusa).
Penso inoltre a “The Believer”, mensile di Mc’Sweeney’s publishing di Chicago, per l’allure grafica anni Cinquanta e a “Pavilion”, magazine d’arte contemporanea con sede a Bucarest, che come altre riviste italiane nate di recente, propone uno sguardo trasversale su diverse pratiche che ne fanno non solo un magazine d’interesse critico, ma anche una piattaforma di progettazione. Lo stampo di cura. verte sullo stesso principio di flessibilità e di apertura alla creazione di sinergie e di attività parallele.
Siamo a tutti gli effetti un collettivo curatoriale e creativo che coniuga il progetto editoriale di cura. con la realizzazione di un insieme di servizi come casa editrice di cataloghi di mostre e di altre pubblicazioni, e come agenzia di comunicazione integrata per la cultura.
Inoltre abbiamo aderito al progetto del coworking nazionale, dando a disposizione delle postazioni per lavorare all’interno della nostra redazione. Questa dal prossimo autunno diventerà uno spazio aperto alla progettazione di artisti che saranno invitati ad intervenire in ogni zona dell’ambiente di lavoro.

Come vi sostenete?

La cooperativa editoriale si è formata grazie a fondi privati che rappresentano la base necessaria per affrontare i primi mesi di vita del progetto e accompagnarlo in questa prima fase. Quindi come per tutti i free press il corso di vita della rivista dipenderà dalla raccolta di inserzioni pubblicitarie e dalle partnership con enti pubblici e privati.
Questo assieme ad altri input come il coworking, le pubblicazioni per fondazioni, gallerie o manifestazioni e una serie di servizi di comunicazione integrata per la cultura che sfruttano il know how del direttore creativo e la sua rete di contatti. Eppoi una buona tempra e tanta buona volontà.

In che modo la pratica curatoriale di chi ci scrive incide sui contenuti della rivista?

La pratica curatoriale può servire a metterti in contatto con le questioni, con i contesti tematici e geografici a cui siamo interessati.
Se devo scrivere dell’apertura di un nuovo museo di arte contemporanea a Beirut, tanto per fare un esempio, con tutto quello che ciò comporta per gli equilibri di un Paese in continua ricerca di un proprio assetto e che punta molto sul rilancio della cultura, ritengo la cosa più interessante e credibile se trattata da una curatrice che vive e lavora in quel contesto, piuttosto che da qualcuno che scrive sulla base di un comunicato stampa e forse in Libano non vi è nemmeno mai stato.
Sembra un aspetto banale ma non lo è. Soprattutto in un mondo, anche il nostro, che tende all’appiattimento del sapere e del saper fare.

In ogni numero presentate un’excursus sugli spazi non profit, italiani ed europei, e sulle residenze per curatori e artisti nel mondo. Questo è interessante considerata la crescente diffusione di queste realtà. Quali sono le motivazioni di questa scelta?

Entrambe le rubriche sono state pensate e proposte da Sabrina Vedovotto, che ha avuto modo nelle sue precedenti esperienze come curatrice indipendente e come coordinatrice delle attività di 26cc di entrare in contatto con diversi ambiti di questo tipo. Noi ne siamo stati lieti, dal momento che entrambe le realtà sono funzionali allo svolgimento del nostro lavoro curatoriale, principalmente sviluppato all’estero.
Le residenze sono fondamentali per creare un network di conoscenze e risultano molto utili agli artisti e ai curatori che riescono ad accedervi. In Italia è una realtà ancora poco sviluppata, ma lo è molto all’estero. Idem per gli spazi non profit che all’estero ricevono spesso degli apporti economici che in Italia non esistono.
Questo non per un eccesso di esterofilia, ma perché nel confrontarsi con realtà straniere ci si accorge di essere piuttosto in rincorsa nell’ambito del contemporaneo e delle realtà indipendenti.

Qual è il vostro rapporto con il territorio su cui operate?

Con cura.artmagazine è nato anche spazio.cura, un ambiente di cento metri quadri situato nel quartiere Prati a Roma. Abbiamo scelto di lavorare in una redazione aperta, dove passa continuamente gente, dove ci si siede e ci si confronta con tutti.

Chi è o chi vorresti che fosse il vostro pubblico? È importante per voi riuscire a raggiungere anche un pubblico di non addetti ai lavori?

Certamente sì. L’idea di incuriosire i non addetti ai lavori è molto stimolante. Il nostro lettore è colto e informato ma non necessariamente un professionista del settore. Crediamo che un buon progetto editoriale possa muoversi in tal senso su canali diversi.
Questo ci vede presenti tanto al Guggenheim quanto nel circuito delle librerie Feltrinelli in tutta Italia. Siamo una rivista da leggere ovviamente con cura…

Cosa vi ha spinto a partecipare a Magazines?

Magazines ha creato negli anni una importantissima piattaforma di confronto con diverse realtà editoriali emergenti, offrendo approfondimenti su due fronti, sia sui contenuti con la pubblicazione on line di alcuni dei contributi più interessanti, sia sul contesto in cui sono nate molte delle realtà indipendenti nel campo dell’editoria negli ultimi anni.
Fare rete in ambito culturale è fondamentale e crediamo fermamente nella validità di progetti come il vostro.

cura.artmagazine
Free press bimestrale dedicato ai temi dell'arte e della cultura contemporanea
info@curamagazine.com
www.curamagazine.com




Interviste precedenti:

Entrelacement
Alessio Ascari , founder ed editor di Kaleidoscope - a contemporary magazine (maggio 2009)

Contenitori e Contenuti
Marco Senaldi, fondatore e direttore editoriale del periodico Impackt (dicembre 2008)

Per combinazione ma non per caso
Giulio Ciavoliello, fondatore e direttore di Combo, rivista d'arte contemporanea (novembre 2008)

A passo d'uomo
Nello Russo, co-fondatore, art and editing director di Playzebra magazine (giugno 2008)

L'orizzonte alla prova
Nicola Setari, direttore di Janus (maggio 2008)

Tra solitari ci si fa compagnia
Roberto Lambarelli, direttore di Arte e Critica (aprile 2008)

Tra mainstream e underground
Rosanna Gangemi, direttore responsabile di Drome magazine (marzo 2008)

La fotografia costumi e consumi
Roberto Maggiori, fondatore e direttore di Around Photography (marzo 2008)

Oltre l'orto
Alessio Ascari, co-direttore di Mousse (febbraio 2008)

Parla chi scrive
Tiziana Villani, direttrice di Millepiani (febbraio 2008)

Silvia Maria Rossi è laureata in Scienze dei beni culturali, indirizzo storico artistico, all'Università di Brescia, specializzata in Comunicazione e organizzazione dell'arte contemporanea all'Accademia di Belle arti di Brera. Ha collaborato con i servizi educativi della GAMeC di Bergamo e con l'archivio Guglielmo Achille Cavellini di Brescia. Dal 2006 collabora con UnDo.Net come curatrice del progetto Magazines.