Attraversare le contingenze allargando le prospettive

09/02/2009
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Paradisul romanesc al Suzanei Dan


Il progetto Ţuică sulla situazione artistica in Romania prosegue con l'intervista a una giovane artista di Bucarest: Suzana Dan, pittrice figurativa non per nostalgia del Realismo Socialista ma, al contrario, per una personale esigenza di sincerita'. Schiettamente Suzi parla di esperienze personali (la sua passione per l'arte popolare o il suo Paradiso immaginario) ma anche dei suoi ricordi della dittatura e della rivoluzione, della crisi economica che ha duramente colpito il suo Paese, degli aspetti positivi dell'ingresso romeno nell'Unione Europea. E poi dei suoi tanti lavori e delle scelte necessarie per proseguire a fare l'artista; andarsene o rimanere?




Suzana Dan, The tits are flying! 2004, acrilico su tela 50 x 60 cm, copyright dell’artista

Intervista a Suzana Dan
pittrice (Zarneşti, RO, 1976)

A cura di Eleonora Farina

Suzana Dan, giovanissima pittrice di Braşov. Hai studiato all’Università Nazionale d’Arte di Bucarest, dove ti sei diplomata nel 1999 con il prof. Florin Mitroi. Raccontaci qualcosa in più di te. Qual è stata la tua esperienza finora e cosa stai facendo in questo momento?

Dopo essermi laureata ho lavorato per due anni nel campo della ricerca, presso l’Istituto Nazionale per l’Optoelettronica, Dipartimento di Apparecchiature e Tecnologie Avanzate per il Restauro delle Belle Arti. Contemporaneamente ho cercato di portare avanti i miei progetti artistici e il mix di questi due settori completamente differenti è stata un’ottima esperienza. Alla fine mi sono però resa conto che era il momento di assumermi tutti i rischi e di focalizzarmi esclusivamente sulla pittura. Ho quindi fatto le mie mostre personali, ho collaborato con un gruppo di architetti (e ciò mi ha dato una punto di vista e una consapevolezza diversi nei confronti della città e della vita urbana).
Nel 2004 ho iniziato a lavorare al MNAC (Museo Nazionale d’Arte Contemporanea) e due anni fa, insieme a una buona amica, Silvia Rogozea, abbiamo ‘dato vita’ alla Notte Bianca delle Gallerie a Bucarest, un progetto che vorrei portare avanti e continuare a sviluppare.

Secondo te, quanto il tuo essere romena influenza il tuo lavoro? E l’essere cittadina europea? E’ una problematica che senti tua oppure no?

Certamente sento l’influenza locale. Porto sulle mie spalle, come ogni altro della mia generazione, le tracce del passato.
Al tempo della Rivoluzione, nel 1989, avevo tredici anni ed ero consapevole di quello che stava accadendo e dell’orribile modo di vivere delle persone in Romania. E tutte queste cose messe insieme, tutte le delusioni alle quali eravamo esposti hanno probabilmente sviluppato in me l’aspetto ironico che si può trovare nei miei lavori.
Essere una cittadina europea è un’ottima cosa, perché può aiutare a diventare più flessibile e responsabile. E anche aiutare ad essere più rilassati, non nel senso di diventare un vegetale ma nel senso di affrontare la moltitudine delle opportunità ed essere implicato in differenti progetti senza avere la frustrazione delle difficoltà di casa propria.

Nei tuoi quadri usi colori molto accesi, brillanti. Il rosa è quasi fluorescente ed è difficile da dimenticare. Alcune volte i corpi delle persone sono blu elettrico; l’arcobaleno è presente più volte… Quale mondo rappresenti? Quali le tue fonti figurative?
Hai scelto di assumere un passato fortemente impregnato della cultura religiosa ortodossa (colori molto forti sono tipici della tradizione romena) o invece è un tuo personalissimo modo di esprimerti, di esprimere la tua personalità (che fa capolino anche nelle scritte fumettistiche che spesso utilizzi)?
Non sei la prima artista che vedo che fa uso di questi colori; e anche nel periodo della dittatura di Ceauşescu sono molti gli esempi di ritratti ufficiali con colori non sempre realistici…

Nei miei dipinti ho creato il mio Paradiso personale come un rifugio segreto in reazione alla città. Sono nata in un piccolo paese vicino alle montagne e ho vissuto lì tutta la mia infanzia. Sono arrivata a Bucarest per studiare e sono rimasta shockata dal grigiore della città, dalla mancanza di verde, dall’impossibilità di vedere le stelle in cielo, dai cani sporchi per le strade. Negli anni Novanta lo charme di Bucarest era così nascosto… Quindi ho iniziato a sviluppare questo ‘progetto paradisiaco’. In esso puoi trovare tutte le storie, divertenti e tristi; sono tutte insieme, in un mondo colorato che mi ricorda casa.
Documentarmi in diversi musei è stata un’ottima cosa per il mio lavoro. Il Museo del Contadino Romeno, il Museo del Villaggio, il Museo di Storia Naturale, il Museo Nazionale della Tecnica… tutti mi hanno aiutato a capire e a imparare. Il mio insegnante, il sig. Mitroi, era appassionato di arte popolare.
Mi ha aiutato tantissimo a vedere e scoprire le cose meravigliose realizzate da persone semplici, il modo nel quale si possono creare forme funzionali con un alto valore estetico. E di certo non dimenticherò mai la straordinaria esperienza che ho fatto quando ero studentessa nel corso di alcuni viaggi di documentazione in Italia. Questi sono stati ‘la ciliegina sulla torta’. Sarò riconoscente per sempre a tutti i grandi maestri.

Le tue opere sono molto ‘piene’. Riempiono lo sguardo dello spettatore. Il tuo sito internet, invece, è solo un ‘sunny day’. Forse esempio perfetto di quello che sei tu, della tua carica positiva. Qual è il tuo mondo?
E’ veramente quello delle favole, come sembra apparire dalle tue opere (sette nani in primis), o invece queste sono allegoria di qualcos’altro? Ali, cielo e nuvole da una parte, elementi sessuali, cani e corpi fatti a pezzi dall’altra... sono due facce di una stessa medaglia?


Tutti gli elementi che trovi nei miei quadri sono storie della mia vita. La mia passione per i cani, le cose che mi piacciono di più, quelle che odio e di cui mi prendo gioco e certamente le cose che amo.
Forse dovrei aggiungere una spiegazione finale: non vivo in un mondo fantastico, non lavoro con i sette nani e Superman, ma spesso mi piace dire che la mia vita è sullo stile di Tom e Jerry. Tutte le ‘allegorie’ mi aiutano a ‘tradurre’ la storia reale nel mio linguaggio.
Tutti gli elementi che spesso metto in situazioni dissonanti sono, secondo me, la semplice realtà che affrontiamo giorno dopo giorno. Le due facce della stessa medaglia; è la vita con tutte le sue dualità.

Simona Sensual, la donna scandalo dei tabloid… Raccontaci qualcosa in più di questo personaggio: da quando è entrato a far parte della tua iconografia personale? E soprattutto, perché?

Dear Simona Sensual è diventato l’oggetto del mio interesse già da molto tempo. Ero negli USA e, anche se normalmente non leggo i giornali, a un certo punto, forse perché mi mancava casa, ho gettato un’occhio ai titoli. Ho visto e non ci potevo credere. E mi è piaciuto. Tanto. Titoli di importanza nazionale.
Come ad esempio Simona Sensual non si piace più. E quindi ha deciso di non parlare più. Tutto ciò andava oltre gli scritti di Eugène Ionesco. Ho quindi deciso di introdurre questa figura nel mio ‘paradiso’.

So che hai realizzato alcuni progetti all’esterno, installazioni site specific di arte pubblica: mi riferisco ad esempio a Carantina Urbana o ai cartelloni pubblicitari. In cosa si differenzia il lavorare sulla tela rispetto a queste tipologie di progetti? O anche a installazioni del tipo di FAQ about Steven the Great?

La differenza è che si interagisce con il pubblico e quindi puoi mandare un messaggio in modo più diretto. E’ una sorta di attivismo. E’ ottimo sia per la mente che per il corpo. Per la mente perché devi pensare in modo acuto a creare un messaggio molto chiaro e semplice da far comprendere a tutte le categorie.
La ragione del perché si fanno interventi per la strada è il parlare la stessa lingua dell’intellettuale e del mendicante all’angolo. E per il corpo perché devi camminare tanto. Fare uno stencil, per esempio, è divertente, perché puoi sentire la giungla urbana.

Torniamo indietro, alla tua formazione universitaria. Cosa ha significato per te studiare a Bucarest, in Romania? Qual è stata la tua esperienza? Perché hai deciso di non spostarti all’estero, come fanno molti artisti romeni?

Ho studiato in Romania, perché a quel tempo non avevo il fegato per muovermi da sola così lontano e farmi carico dell’indipendenza economica. Ma non ho rimpianti. Ho continuato quello che avevo studiato con i miei insegnanti al liceo.
Il sig. Mitroi è stato per me il miglior docente che potessi avere. Mi ha dato la preparazione accademica ma non il rifiuto dell’arte contemporanea concettuale. Al contrario, credo che mi abbia aiutato a ‘costruire’ una solida struttura di conoscenze e informazioni. E a capire cosa è arte e cosa solo fashion. Ciò di cui mi rammarico, ma che oggi ritengo essere un dovere di un art dealer, è questa mancanza di esperienza che c’era all’inizio nel management dell’arte. Oggi si deve prendere in considerazione questo ‘dettaglio’ che riflette la professionalità di un artista. Non sono completamente d’accordo con ‘c’est un mal nécessaire’.
Onestamente fino allo scorso anno non avevo pensato di lasciare il Paese. Credevo che non fosse buono per me essere lontano dai miei amici e dalla mia casa.
Ma sfortunatamente questa domanda “Devo andarmene?” ha iniziato a risuonare sempre più nella mia mente. Forse dopo alcuni anni di lavoro in questo campo le mie aspettative di vedere una linea di orizzonte in tutta questa nebbia mi fanno domandare se veramente ne valga la pena.

Bucarest: cosa pensi di questa città, per quanto riguarda la scena artistica? Potrà essere, in futuro, una capitale dell’arte europea? In che direzione sta andando?

Da un punto di vista artistico la città non è più la ‘piccola Parigi’ ma la ‘piccola Berlino’, come dice un mio amico. Ci sono tantissime persone che fanno ottime cose.
Amo la libertà che sprigionano i loro interventi. E spero che ciò potrà portare alla crescita della società. La loro influenza estetica è enorme e non bisognerebbe mai minimalizzare l’influenza delle masse.
Bucarest una capitale per l’arte europea? Non so. Non perché non sono ottimista, ma ci sono molte cose da fare: finché le autorità non pagano per recuperare e restaurare le bellezze del passato, finché preferiscono costruire un enorme torre nel centro di un parco invece di lasciare che il prato verde copra la città… più molte altre cose ancora, non ci saranno mai le chance reali per Bucarest per raggiungere la dignità di un riconoscimento quale quello di capitale dell’arte europea.

Parlando con la gente, mi sembra evidente che la Romania abbia subito e stia ancora subendo un enorme, continuo cambiamento, passato anche attraverso l’ingresso nell’Unione Europea. Cosa pensi sia migliorato nel modo di recepire l’arte contemporanea? E cosa è peggiorato?


Per il momento non credo che ci siano cambiamenti nelle reazioni delle persone nei confronti dell’arte contemporanea. Queste cose arriveranno con il tempo. La cosa più importante che spero cresca nei romeni è la responsabilità. E sì, questo aiuterebbe tanto; ci sarebbe il coraggio per esprimere se stessi facendosi carico delle proprie opinioni e credendo in queste. Il peggio potrebbe essere l’aspetto consumistico, il dilettantismo, l’ignoranza della tradizione. Ma ne siamo ancora lontani…

Come porti avanti il tuo lavoro di artista in questa realtà? Ti senti sostenuta? Pensi che ci siano i mezzi, le risorse, le possibilità adeguate per sviluppare in modo professionale e proficuo il proprio lavoro? Qual è lo scenario dei musei, gallerie, istituzioni, magazine… Su chi bisognerebbe puntare maggiormente?

Mi considero una sopravvissuta. Ma non mi lamento. Sono contenta di essere in mezzo alle cose che mi piacciono. Lo scenario non è roseo. E’ più simile a un film di Rambo. E credo che nelle altre nazioni i cani non camminino con i nastri sulle code.
In quanto artista dovresti fare, fin dall’inizio, un calcolo molto lucido al fine di evitare ogni futura frustrazione e depressione.
Dovresti decidere che cosa vuoi fare con la tua arte: farla perché è la cosa giusta per te da fare, farla perché vuoi vivere di questa, farla perché è un buon business.

Pittura – New Media: è questo ciò che mi interessa. Perché sei una pittrice e non, per esempio, una performer? Dipende forse dal tuo percorso di studi? Quanto ha influito l’accademia sulle tue scelte attuali?
Pensi che la preferenza accordata dalla maggioranza degli artisti romeni al medium pittorico sia dovuto agli insegnamenti (spesse volte un po’ tradizionali) che vengono impartiti all’accademia?


All’Università Nazionale d’Arte di Bucarest non avevamo altri mezzi espressivi. Ricordo che il Dipartimento di Fotografia e Video venne aperto quando io ero al secondo o al terzo anno. Ma sono molti gli artisti romeni che lavorano con le nuove tecnologie e hanno avuto una formazione tradizionale, di pittura, di scultura o di grafica.
Ad esempio Mona Vatamanu (1968) e Florin Tudor (1974) hanno studiato entrambi nel Dipartimento di Pittura dell’Università di Bucarest ed entrambi sanno dipingere molto bene. Solo dopo hanno iniziato a lavorare con il video e le fotografie e a focalizzarsi su questo.

E quanto invece influisce sulle tue scelte la preferenza del mezzo pittorico che anche l’art market internazionale esprime?

Nel mio caso la pittura è il mio linguaggio e quindi, se devo esprimere qualcosa di molto personale, so già quale medium utilizzare. E’ troppo bello per me per smettere e cancellare tutto. Ma mi piace anche giocare. E per giocare uso il video (anche come VJing) e le installazioni.
Ad esempio ho fatto un’installazione con un televisore completamente ricoperto d’oro, il quale riproduceva cinque minuti di miei video. Mi piace giocare, ma i new media sono per me solamente questo. Solo la pittura è qualcosa di strettamente legato a me.
Penso che in tutte le nazioni ci siano artisti che scelgono la pittura per questo motivo, non solo in Romania. In quanto artista, devi decidere a un certo punto. Questo non significa, ovviamente, che un artista che lavora con un medium tradizionale è interessato solamente al commercio.
Ad esempio il mio insegnante, un pittore, era sempre molto restio ad aprire le porte del suo studio e anche quando noi studenti andavamo a trovarlo non era possibile vedere i suoi quadri, perché erano sempre rivolti contro il muro.

Cosa significa, secondo te, utilizzare le nuove tecnologie oggi? E cosa usare tela e pennello? Pensi che oggigiorno nella pittura romena ci sia ancora un sia pur lontano riferimento al Realismo Socialista dei tempi della dittatura o invece la sfera socio-politica non interessa più a nessuno?

C’è sicuramente. Certamente oggi questo tipo di Realismo Socialista è una metafora per esprimere altro. Lo stesso si può trovare in altre grandi nazioni ex-comuniste, quali l’ex Unione Sovietica ad esempio. Ma lo stesso approccio c’è anche nella pittura contemporanea americana.
In realtà si può notare una differenza, rispetto soprattutto a una personale formazione accademica e a una conoscenza del corpo umano, delle ossa come dei muscoli. Tutti gli strumenti, tutte le conoscenze che ti hanno dato vanno utilizzate nel modo che si preferisce. Ma anche quando si gioca, si può notare chiaramente la differenza tra chi sa disegnare e ha una minima conoscenza del corpo umano e chi invece non ce l’ha affatto. Si può percepire anche nelle opere di Picasso. C’è in lui un senso della forma, anche nella disintegrazione della figura.
Ad esempio Ion Birladeanu è un anziano mendicante scoperto dal gallerista Dan Popescu. C’è un grande punto di domanda sulla sua arte, sul suo lavoro, perché molte persone non lo considerano arte. Lo è o non lo è? Io penso di sì; sono d’accordo con Dan, è sicuramente un artista.
Per un artista è fondamentale fare ciò che sogna, superando i confini delle tecnologie. In quanto pittore non ci può essere la frustrazione di domandarsi: “Sono un’artista, non posso fare sculture?”. Io sono stata fortunata, perché mio padre è uno scultore e mi ha insegnato tantissimo quando ero piccola. Grazie a lui sono ciò che sono oggi.
Ho imparato a guardare sempre avanti e così è semplicissimo rendersi conto del perché non è importante se la forma è tri o bidimensionale. E’ così che bisogna lavorare, con una visione generale dell’opera.

Lavori al MNAC. La prima mostra che ha inaugurato qui, nel 2004, si intitolava: “Romanian artists (and not only) love the Palace?!”. Cosa ne pensi? Quanto e come questo museo è legato alla realtà artistica della Romania?
Quanto i giovani artisti hanno bisogno di sostegno (questa la domanda che si poneva un neo-laureato dell’Università di Bucarest durante una conferenza sull’argomento…)? Qual è la tua esperienza in proposito?


Io mi sono sempre sentita sostenuta. Certo, devi bussare alle porte e parlare con molte persone, ma questo è così dovunque. Sicuramente in Romania ci sono più difficoltà burocratiche, sicuramente non ci sono tanti fondi per progetti artistici, sicuramente non sono così ben pubblicizzati, ma penso che se veramente lo vuoi, puoi trovare il tuo sostegno.
Sto parlando al passato, perché la situazione, dall’inizio di quest’anno, sta cambiando ed è un grande punto di domanda. Non ci sono regole in quello che sta accadendo. Per il momento è chiaro che qualcosa si è rotto e non si sa se sarà possibile tornare indietro.
Ma, nonostante questa situazione, sono sicura che ci sono ancora fondi per determinati progetti. Certamente bisogna essere più flessibili e adattarsi alla situazione. Ma non credo che il Ministero della Cultura taglierà tutti i finanziamenti ai progetti artistici.
Io sto pensando seriamente a cosa fare per la Notte Bianca della Gallerie. Per ora non ho niente in mano, perché negli anni passati i fondi erano interamente del Ministero e del Comune di Bucarest. Forse dovrei fare un budget di 5000 euro e dividerlo tra dieci imprese private; cosa sono, alla fine, 500 euro a testa? Non è una grande somma!

In quanto romena, quanto pensi di essere apprezzata all’interno dell’art scene internazionale, perlomeno di quella europea? Credi che la Romania si stia ponendo e chieda di essere riconosciuta quale realtà ben identificabile o invece che sia ancora nel grande calderone di ‘Paese dell’Est Europa’?

Non saprei dire, veramente. Non espongo i miei lavori in altre nazioni da parecchio tempo. Però ad esempio la “Scuola di Cluj” è sicuramente riconosciuta quale gruppo di artisti della Romania e non del blocco dell’Europa dell’Est.
Loro chiamano noi, qui a Bucarest, la “Scuola dei Colori” e a me questo piace molto! In sincerità non sono molto sicura della validità della parola ‘scuola’ a proposito di questo gruppo; ma apprezzo come lavorano, con colori molto tenui, il grigio, rifacendosi all’intimità, alla nostalgia del passato… Io non sono una critica d’arte, ma a me piace quello che sta accadendo a Cluj.
Bucarest è una città molto accentratrice. Tutto deve accadere a Bucarest.
Quando mi sono diplomata era ovvio che sarei dovuta venire qui. I miei genitori mi dissero che non potevano più mantenermi. E quindi per me è stato molto difficile decidere cosa fare. Ho avuto il coraggio di iniziare questo lavoro all’Istituto. Ma non ho mai avuto la possibilità di tornare a Zarneşti, neanche a Braşov. Braşov è culturalmente e artisticamente morta.
E ora mi sento colpevole per questo, perché ho capito che in parte è anche colpa mia. Dovevo fare qualcosa. Forse sarebbe stato meglio. Questo è anche il motivo per il quale sto pensando di organizzare un festival proprio lì; qualcosa legato all’Arte Effimera (magari con delle mongolfiere…).

Dove stai andando con il tuo lavoro? A cosa miri? Quali sono i tuoi progetti futuri?

Il problema è che in questo momento non è chiaro nella mia testa se voglio rimanere in Romania. Devo pensare a cosa voglio fare in quanto artista. E forse devo anche ripensare a come stanno andando le cose. Vorrei tagliare tutte le comunicazioni e rimanere da sola a dipingere. Niente di niente di niente. Continuo sempre a dipingere, ma dipingere significa portare alla luce qualcosa dal di dentro. E per questo ho bisogno di stare sola. Non lo so; è una grande domanda di responsabilità.
C’è un momento nel quale devi decidere: voglio fare così. E’ come fumare tantissimo e poi andare a correre in montagna. E’ folle. E questo ritrae perfettamente come sono io in questo momento.



Link utili:

http://suzi.sptv.org (Suzana Dan)
http://noaptea-galeriilor.blogspot.com (Notte Bianca delle Gallerie, solo in romeno)


Paradisul al Suzanei Dan fa parte del progetto Ţuică, un’indagine sulla situazione artistica della Romania, a cura di Eleonora Farina in collaborazione con UnDo.Net:
Informazioni generali su Ţuică
Revistă de artă din România

Eleonora Farina è laureata all'Università di Roma La Sapienza in storia dell'arte contemporanea. Ha curato il progetto di arte pubblica “Imperceptible Vision” con l'artista Marina Fulgeri. Dopo un anno di lavoro a Berlino, attualmente vive in Romania e lavora presso il Museo Nazionale d'Arte Contemporanea di Bucarest. Collabora con UnDo.Net e con la rivista “Arte e Critica”.


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