Attraversare le contingenze allargando le prospettive

11/11/2008
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Per combinazione ma non per caso


Nei videogiochi la parola combo (abbreviazione di combination) definisce una serie di azioni in sequenza, che, se compiute molto rapidamente e con abilità, portano vantaggio al giocatore. Ora Combo è anche il nome di un magazine su carta che si ispira a importanti riviste del dopoguerra. Così dice il suo direttore Giulio Ciavoliello, lo stesso che produce una guida gratuita solo da consultare, cioè Artshow, che su web fu all'inizio in UnDo.Net prima che prendesse il via la rubrica Pressrelease tantissimi anni fa.
Combo ha poco più di un anno, tre numeri alle spalle e il quarto appena uscito; è una rivista che vede l'attualità come la punta di un iceberg, nata per chi non si interessa solo a chi fa più mostre o per chi desidera leggere solo cose facili. In questa intervista Ciavoliello afferma "Nel campo dell'informazione sull'arte si è passati da una totale estraneità rispetto alla televisione, anche colpevole, all'adozione colpevolissima, immotivata, fuori luogo, di alcune delle sue peggiori modalità."



Combo n.3, copertina





La Marti. Foto Andrea Costantini. Da Combo n.3





Jan Fabre, I let myself deflate, 2007. Foto A. Maranzano. Copyright Angelos/Jan Fabre. Da Combo n.3





Lea Vergine, foto di Leonardo Cendamo, 2001. Da Combo n.0





Luigi Ontani, NarcisOnfalONAN alla SORGENTE Del NIENTE, 1970. Fotografia a colori. 190 x 107 cm. Courtesy l'artista. Da Combo n.2





Gerhard Richter, Betty, 1977. Olio su legno, Documenta 12, Kassel 2007. Copyright Gerhard Richter. Da Combo n.1





Graciela Carnevale, Documentation of the action for the Ciclo de Arte Experimental, 1968. Foto B/N. Copyright Graciela Carnevale. Foto C. Militello. Da Combo n.1





Yan Lei, Brain Failure, 2007. Live performance, Instanbul Biennial 2007. Da Combo n.1





Intervista a Giulio Ciavoliello
fondatore e direttore di Combo, rivista d'arte contemporanea


A cura di Silvia Maria Rossi

Perchè questo nome?

Combo sta per combinazione. Il termine "combo" negli ultimi anni si è usato per auto, computer, stereo che rispondono a più funzioni. Si è usato in musica, per formazioni plurigenere.
L'idea è di unire tecnologia e creatività, futuro e arte, un po' come accadeva per alcune riviste del dopoguerra: "Il Politecnico" di Elio Vittorini, "Officina" di Leonetti, Pasolini e Roversi, "Civiltà delle macchine" di Leonardo Sinisgalli ed Emilio Villa, "Marcatré" di Eugenio Battisti.

Oggi più che mai sono molteplici le modalità di comunicare, fare approfondimenti, stimolare riflessioni, supportare ricerche e anche fare informazione (sebbene questo non sia il vostro caso). Perchè la scelta del format 'rivista'?

Proprio perché sono molteplici le modalità di comunicare, non si può escludere una comunicazione lenta, offerta da un medium tradizionale: la carta. La lettura comprende pause, riflessioni, interrogazioni di sé. Altrimenti il molteplice non è tale, vi è la dittatura di quello che in statistica si chiama valore doxa, cioè del dato che si presenta con maggior frequenza, a cui si finisce con l'adeguarsi supinamente.

Come nasce Combo?

Nasce perché negli ultimi anni nel nostro paese è mancato un periodico per l'approfondimento dell'arte contemporanea. Spero che Combo possa contribuire a colmare questa mancanza.
Esiste una nicchia fatta di soggetti che in alcuni momenti vogliono semplicemente leggere qualcosa che li appassiona, riguardante l'arte contemporanea. Sono convinto che esiste un pubblico, numericamente limitato, interessato al senso dell'arte, non tanto, non solo a chi fa più mostre, alla maggiore quotazione, all'evento di richiamo, al personaggio già in vista.
Ma Combo non si fa in polemica con le testate che hanno fatto propria la logica dell'evento e del personaggio, si vuole solo concorrere all'insieme della stampa di settore con una particolare identità. Curiosamente, Combo è fatta da chi è abituato a produrre un periodico tascabile, usa e getta, che si consulta e non si legge, cioè la guida Artshow.
Anche la grafica di Combo risponde a una fruizione non veloce: la rivista non vuole essere attraente a tutti i costi, è un po' retro, ha un formato standard che più standard non si può, coniuga moderatamente carattere a bastoni dei titoli e carattere graziato dei testi, non mette immagini in copertina, invita semplicemente alla lettura di parole e opere, che all'interno sono presentate a colori e numerose.
A Luigi Ontani fa venire in mente la grafica de "Il Verri", altra bella rivista del dopoguerra, fondata da Luciano Anceschi, il che mi può fare solo piacere.

Se dovessi fare un breve bilancio sul panorama editoriale italiano dagli anni '80 ad oggi, quali sarebbero secondo te le voci in attivo? E quelle in passivo? Quali sono state a tuo parere le esperienze editoriali che "hanno segnato una svolta" dagli anni '60?

Nella seconda metà degli anni '60 è nata Flash Art, che a partire dalla fine degli anni '70 è diventato un modello irraggiungibile: sono nate varie testate concorrenti, che tutto sommato hanno ricalcato o ricalcano la stessa formula.
In Italia altre formule originali sono:
Il Giornale dell'Arte, nato negli anni '80, che riunisce nel mensile formato tabloid storia e presente, antiquariato e attualità, che incontra l'interesse di chi si occupa di gestione di patrimoni e collezionismo vario; Artshow, nata come guida cittadina, a Milano nella seconda metà degli anni '80 (il n. 0 è di novembre 1986), diventata guida riguardante tutto il territorio di lingua italiana, dal Canton Ticino alla Sicilia. Non ha mai proposto articoli, perché informa in modo telegrafico sui programmi di mostre e musei. E' gratuita da sempre.
Dopo il 2000 sono nate varie testate free che si occupano d'arte. Alcuni sostengono che sono troppe. In generale c'è molta gratuità, soprattutto se si comprende l'informazione che passa attraverso Internet.
La rivista Combo è nata nel 2007 e in inversione di tendenza, nel senso che invita a una condivisione, a un piccolo sostegno anche economico da parte del lettore: di tiratura non grande, è venduta in bookshop di centri d'arte, in alcune librerie e per abbonamento.

Quali sono i fattori che possono influenzare l'orientamento di un Magazine?

Giustamente il mercato o, per meglio dire, i mercati: dal mercato costituito da interessi elitari al mercato costituito da interessi allargati, che incontrano il gusto corrente. Naturalmente, più mercati differenti esistono, più libertà di scelta esiste.

Cosa limita in qualche modo la libertà di scelta di una rivista?

Più che parlare di influenze e libertà - scusami - mi interrogherei sull'esistenza o meno di libera iniziativa, sulla moltiplicazione reale o presunta delle opportunità, su regole e certezza del loro rispetto, per tutti i soggetti in campo.

E Combo di cosa si nutre?

Combo esiste grazie a chi crede nel suo progetto e vi spende energie, tempo, denaro. E' un'esperienza insieme faticosissima e gratificante.

Qual è il rapporto con il territorio su cui operi? E' un rapporto di collaborazione?

Si tratta di una rete di relazioni, è un rapporto di collaborazione con il sistema dell'arte, con tanti soggetti impegnati in tanti luoghi, posizioni, ruoli. Artshow fino a oggi è esistita grazie a questa collaborazione, si spera accada altrettanto per Combo.

Combo può essere uno strumento di critica e riflessione? Può una rivista influenzare il sistema dell'arte?

Le riviste sono sempre critiche, anche quando appaiono acritiche, anche quando si limitano a registrare gli eventi. Fare critica non significa giudicare bene o male. Per una rivista fare critica è selezionare argomenti e affrontarli, in modo più o meno approfondito. E' chiaro che se si risponde alla logica dell''istante, non ci può essere argomentazione ma una specie di racconto di curiosità. E' chiaro che se si ha bisogno di fare numero, ci si orienta dove già ci sono i numeri che, fra l'altro, possono avere buone ragioni.
Combo vede l'attualità come la punta di un iceberg, costituito dalla cultura del contemporaneo, in pratica il Novecento, ma in particolare ciò che è successo dagli anni '60 a oggi. Si selezionano degli argomenti che dal mio punto di vista, e non solo, meritano attenzione.
E' per questo che, per esempio, parlando dell'ultimo numero, in un contenitore sobrio, in un'apparente schizofrenia, trovi la comunità skate del Parco Lambro e il defunto Emilio Villa, il sogno americano della middle class di Hong Kong, la film-maker Alina Marazzi e un artista con poco curriculum e senza protezioni come Riccardo Benassi. E' per questo che un numero può essere dedicato a un freschissimo artista ottantaquattrenne come Gianfranco Baruchello e un altro a Francesco Vezzoli, nel momento in cui da più parti si prova a sostenerlo internazionalmente.

Chi è o chi vorresti che fosse il tuo pubblico?

Vorrei che fosse costituito da individui che abbiano voglia di leggere qualcosa di chiaro ma non facile. Sto parafrasando Giulio Carlo Argan, che diceva qualcosa del genere: che nello scrivere come autore faceva di tutto per essere il più chiaro possibile, ma il suo lettore non poteva desiderare innanzitutto di leggere cose facili.

Come valuti la partecipazione a Magazines? Cosa ti ha spinto a partecipare ? Qual'è l'aspetto più interessante di questa collaborazione?


Bene. Partecipo perché sono stato invitato. Per questo vi ringrazio. Mi fa piacere rispondere. Magazines mi sembra molto interessante, come panoramica su attività editoriali non da grandi numeri. E' meritevole mettere in luce queste realtà.
L'aspetto più interessante è l'ospitalità offerta dalla "premiata ditta" Undo, messa in atto da una bella persona come te (sono ruffiano?): la voce diretta dell'ospite che parla della propria iniziativa senza censure (meglio aspettare per dirlo) è cosa rara in tempi duri come i nostri.
Non scherzo, davvero credo che la logica televisiva - una pessima concezione della televisione - tocchi tutti i campi, stia imperversando e invadendo ambiti che ne dovrebbero essere preservati. Nel campo dell'informazione sull'arte si è passati da una totale estraneità rispetto alla televisione, anche colpevole, all'adozione colpevolissima, immotivata, fuori luogo, di alcune delle sue peggiori modalità. Il fenomeno rientra nella più generale superficializzazione delle relazioni, che coinvolge tutto il mondo ma che vede sicuramente l'Italia in prima linea. E qui mi fermo, perché il discorso diventerebbe lungo e non pertinente l'ambito specifico delle tue domande.

Qual è la domanda che ti piacerebbe di più sentirti fare, e naturalmente poi quale sarebbe risposta...

Non lo so, non so rispondere. Vorrei che mi ponessero sempre delle domande. Lascio a chi le fa l'impegno di elaborarle.

La scheda della rivista

 

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Interviste precedenti:

A passo d'uomo

Nello Russo, co-fondatore, art and editing director di Playzebra magazine (giugno 2008)

L'orizzonte alla prova
Nicola Setari, direttore di Janus (maggio 2008)

Tra solitari ci si fa compagnia
Roberto Lambarelli, direttore di Arte e Critica (aprile 2008)

Tra mainstream e underground
Rosanna Gangemi, direttore responsabile di Drome magazine (marzo 2008)

La fotografia costumi e consumi
Roberto Maggiori, fondatore e direttore di Around Photography (marzo 2008)

Oltre l'orto
Alessio Ascari, co-direttore di Mousse (febbraio 2008)

Parla chi scrive
Tiziana Villani, direttrice di Millepiani (febbraio 2008)


Silvia Maria Rossi è laureata in Scienze dei beni culturali, indirizzo storico artistico, all'Università di Brescia, specializzata in Comunicazione e organizzazione dell'arte contemporanea all'Accademia di Belle arti di Brera. Ha collaborato con i servizi educativi della GAMeC di Bergamo e con l'archivio Guglielmo Achille Cavellini di Brescia. Dal 2006 collabora con UnDo.Net come curatrice del progetto Magazines.

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